– Di Andrea Spinosa –
Inaugurato il tratto Parco di Centocelle-Lodi con altre sei stazioni. Un passo avanti verso lo scambio a San Giovanni con la linea A, previsto nella prima parte del 2016, ma soprattutto un punto di svolta per la rete di bus di un ampio quadrante Est della città.
La terza linea della rete romana raggiunge i 18,1 km di lunghezza per 21 fermate. Dopo l’inaugurazione della prima tratta questo prolungamento rappresenta un passo fondamentale per la nuova infrastruttura, prima isolata dal resto della rete.
L’utenza sta crescendo, naturalmente: in tre giorni di servizio abbiamo misurato circa 37.000 passeggeri contro una media di 22.000 del semestre precedente (+40%). Con la ripresa dell’anno scolastico e l’assorbimento da parte dei cittadini delle variazioni della rete di superficie è realistico l’obiettivo segnalato dai modelli di un carico di 70.000 passeggeri al giorno. In attesa di raggiungere San Giovanni.
Piazza Lodi, attraverso il rettifilo di via La Spezia, dista appena 531 metri (non 1.000 come negli adesivi distribuiti lungo il percorso) dalla fermata di San Giovanni della linea A. Come dire, ci siamo quasi. Il giudizio generale non è dissimile da quando detto per la prima tratta. Una linea essenziale, un servizio che sta entrando a regime, anche se con qualche fisiologico inconveniente.
Questa tratta (5,4 km) è tutta sotterranea e profonda (25-30 metri).
Le fermate sono essenziali e funzionali: l’essenzialità e tale che a volte sconfina nella mancanza di carattere progettuale. Teano, per esempio, è uno spazio sovradimensionato, ipertrofico: sostanzialmente è un vuoto chiuso da un coperchio di vetro. C’é uno spazio commerciale isolato: chi lo affitterà? Curioso il setto centrale: da una parte biglietteria, dall’altra… nulla. Il Sindaco Marino, forse in maniera ironica, ha proposto di metterci una copia della famosa statua di Marco Aurelio.
La profondità della linea, e la necessità di limitare gli spazi per gli elementi di comunicazione verticale ha portato a strane soluzioni: anche qui, però, la complessità del contesto avrebbe dovuto essere uno stimolo in più a livello progettuale. In fondo, l’architettura che cos’é se non la trasformazione del carattere di un luogo (con i suoi pregi e difetti) in un oggetto unico e irripetibile?
Quasi fosse in un’altra città, diversamente dalle linee A e B, e dalla stessa prima tratta, i totem con la famosa “M” bianca su sfondo rosso diventano delle stele monumentali. Disposte, però, non nel senso della via in modo da indicare la presenza della fermata agli avventori e ai passanti, ma ruotata in modo da presentare la stessa “M” a chi vive dirimpetto alla fermata. Non si sa mai dovesse dimenticare questo privilegio (che a Roma più che altrove non è cosa da poco).
In due fermate (Lodi e Teano) le scale mobili sono scoperte: parliamo di scale lunghe da 12 a 20 metri con la prima parte esposta agli agenti atmosferici. A Roma dove la pioggia ha spesso carattere di rovescio improvviso, meglio non immaginare le conseguenze di un forte temporale. A prescindere dal fatto che la scala sia o no adatta all’esposizione degli agenti atmosferici la buona norma di una copertura anche misera è dettata dal fatto di evitare che i raggi solari possano incrudolire e spaccare la gomma dei corrimano, e che pioggia e umidità danneggino prima o poi le parti meccaniche. Oltre ad un fatto di sicurezza: la scala spesso si prende al volo. In caso di pioggia è meglio avere i piedi all’asciutto per evitare di scivolare: è anche per questo che sono nati i mezzanini o, appunto, le tettoie.
Se non si vuole prendere le scale mobili: ci sono le scale normali. Alcune, sempre per motivi di spazio, da fare tutte d’un fiato per l’impossibilità di inserire il mezzanino ad una quota più alta. Il risultato è comunque scenografico.
Senza cercare il pelo nell’uovo, ma per deformazione professionale di natura ingegneristica: la scenografica scalinata della foto in alto, come presidio idraulico prevede solo una grata di 10 cm lunga quanto la larghezza della scala. A Roma non sono insoliti temporali con precipitazioni da 200 mm/ora (come dire 3 litri per minuto per metro quadro di superficie). Una scala scoperta come quella della foto ha una bocca aperta da 15 metri quadri: significa che in un normale temporale può ingoiare qualcosa come 200 litri d’acqua in appena 5 minuti. La caditoia installata ha una capacità di circa di 37 litri/minuto che si riducono a meno di 20 per la velocità di caduta dell’acqua. Insomma ci sarebbero almeno 100 litri d’acqua che non riuscirebbero ad essere smaltiti..
Trattandosi di una infrastruttura di primo livello, dal punto di vista dell’importanza e dell’efficacia ma anche dal punto di vista economico, l’accessibilità ridotta resta l’elemento più negativo al quale ormai è difficile porre rimedio.
Gli ascensori non sono mai ben segnalati e gli spazi sono governati dalle scale: soprattutto resta il famoso gradino di 8 cm tra treno e banchina. Un gradino che rende impossibile salire con la carrozzella se non accompagnati. Ma anche con un accompagnatore con buone braccia, è difficile sollevare la carrozzella perché questa, letteralmente finisce con l’impuntarsi.
Un gradino che ha dato da pensare anche a Sindaco e Ministro dei Trasporti nel giorno dell’inaugurazione.
Eppure per riportare in quota treno e banchina non ci vorrebbero grandi lavori: basterrebbe realizzare delle piccole rampe magari limitate alle porte in testa alla piattaforma. E ben segnalate..
A proposito della segnaletica: per un progetto così importante, la segnaletica e la comunicazione sono fondamentali. Lo diciamo meglio, FONDAMENTALI. La lezione di Bob Noorda è però condannata alla damnatio memoriae: abbiamo altro a cui pensare che non a qualche fronzolo e dei disegnini.
L’orientamento spaziale (o wayfinding) è ormai una disciplina a tutti gli effetti e come tale andrebbe trattata: un consiglio editoriale per chi volesse approfondire l’argomento.
A parte la “M” dei totem delle stazioni, che sembra negarsi letteralmente agli utenti girandosi dall’altra parte, i nomi delle stazioni sono piccoli, stampati alla ben’e meglio con un Arial.
Nelle stazioni quando si scende verso le banchine le frecce che indicano il percorso da seguire non indicano il basso ma sono girate verso l’alto a invocare uno strano percorso ascensionale: eppure le banchine sono tutte molto profonde. Sarà un invito da leggere tra le righe?
La poca attenzione si ritrova anche nell’ottima idea di segnalare a terra il percorso esterno tra l’attuale capolinea di piazza Lodi e la fermata di San Giovanni della A, principale destinazione per gli utenti specie in ora di punta.
1000 mt (in realtà i metri si abbreviano con m nel sistema internazionale delle misure, ma ormai siamo talmente innammorati degli anglofoni che ne ripetiamo anche gli errori) è la scritta che probabilmente il grafico ha messo in bozza per stabilire le giuste proporzioni. Tutto corretto. Sennon ché la bozza è finita non solo alla stampa ma in tutto il quartiere (ne abbiamo contati 15) con quel 1.000 che non indica nulla, né la distanza reale né la progressività del cammino (cammini cammini, resti sempre a 1.000 metri).
Ma tanto non importa.
La grafica è un gioco per chi ha tempo. Con buona pace di Noorda e compagnia bella.
Ce lo hanno detto quando abbiamo proposto una mappa del trasporto pubblico della città che fosse leggibile a tutti. Anche, per esempio, a chi ha problemi di messa a fuoco. Oppure di una forma più o meno palese di dislessia.
Consapevoli che il servizio pubblico va sostenuto e incentivato, l’abbiamo offerta a titolo completamente gratuito all’Atac. Al no grazie, c’é stata comunque una revisione della mappa della città. Che da così è diventata così.
Non importa la grafica.
Non importa l’architettura.
Non importa l’accessibilità.
Che non importi, forse, anche l’utenza?
Umilmente ci permettiamo di segnalare che, nella maltrattata Grecia e precisamente ad Atene, tra il 1992 e il 2008 sono stati realizzati 27,3 km di nuove linee (la 2 e la 3) in un tessuto storico che – quantomeno sottoterra – ha poco da invidiare a Roma.
Realizzando stazioni molto essenziali, seguendo un procedimento costruttivo molto simile a quello della linea 1 di Napoli, con una spesa di circa 2,7 miliardi è stato realizzato un sistema che, in una città per dimensione molto simile a Roma, trasporta 1,38 milioni di passeggeri su 58 km di rete contro i circa 800mila dei 60 km di Roma.
Le difficoltà gestionali sono innegabili, soprattutto in questo momento, ma la metropolitana di Atene è ancora indicata come best practice dalla UE in termini di gestione del finanziamento e modalità realizzative.
In termini di passeggeri:
Roma: 13.340 passeggeri/giorno per km di rete
Atene: 23.790 passeggeri/giorno per km di rete + 79%
In termini di spesa:
Roma: 148 M€ per km (linea C)
Atene: 128 M€ per km (considerando il differente valore di costo del denaro) -13%
Rapporto tra investimento e passeggeri giornalieri:
Roma: 38 passeggeri per ogni milione di € (riferiti ai 170.000 stimati con la linea a Venezia)
Atene: 226 passeggeri per ogni milione di € (riferiti alle sole linee 2 e 3) +494%
Risultato:
Roma: vedere sopra
Atene: di seguito qualche immagine
Postilla all’articolo, 7 luglio 2015: in seguito a diversi messaggi pervenuti specifico meglio l’ultimo passaggio dell’articolo, in cui si cita Atene e la sua metropolitana (in special modo le linee 2 e 3) che molto hanno in comune con la terza linea romana. Nei numeri della rete ateniese si è soliti includere la tratta esterna della linea 3 tra Doukissis Plakentias e l’aeroporto Internazionale: si tratta di una tratta da 20,7 km di ferrovia suburbana formalmente integrata alla linea 3. Per questo in Wikipedia e negli altri siti specialistici si parla di un sistema da 58 km anziché 84,5.
I passeggeri per il calcolo della produttività specifica sono quelli comunicati oggi da Attiko Metro: si tratta di una approssimazione, perché in un sistema di più linee è difficile dire chi viaggia sulla A, sulla B o su entrambe. Ma è un problema che riguarda anche i dati italiani.
Giustamente nel paragone non potevamo inserire il carico odierno della linea C: per questo è stato scelto il valore più alto che le modellazioni svolte (tra quelle dei progettisti ed oggi dell’Agenzia della Mobilità) danno per la linea nello scenario di attestamento a piazza Venezia: 170.000 passeggeri per giorno feriale.
Scopo del confronto?
Dimostrare che, con impegno e con il coordinamento tra istituzioni, progettisti e imprese costruttrici si può avere un prodotto di elevato livello sotto tutti i punti di vista. Senza necessariamente spendere di più in termini di costo totale delle opere.