Il boom nella produzione di energia rinnovabile, arrivata ormai a coprire oltre un quarto del fabbisogno nazionale di elettricità, unito a consumi ormai da anni stabili o in calo sta costringendo le centrali tradizionali a lavorare a scartamento ridotto, con pesanti ripercussioni sulla loro redditività. Secondo il Presidente dell’Enel “lo sviluppo delle rinnovabili, unito alla stagnazione della domanda, sta rendendo difficile la copertura dei costi di produzione degli impianti convenzionali, mettendone a rischio la possibilità di rimanere in esercizio”. Dal 2000 ad oggi ben 32.000 GWh da fonti rinnovabili si sono aggiunti al contributo dei vecchi impianti idroelettrici e geotermici: è qualcosa che ribalta completamente il modello energetico costruito nel Novecento intorno alle fonti fossili, ai grandi impianti, agli oligopoli.
Questo ha portato molti commentatori a desumere che le Grandi Centrali sono il passato essendo ormai sempre più utilizzato come stabilizzatori della produzione, per dare continuità alla quantità di energia immessa in rete a fronte della inevitabile variabilità nella produzione da rinnovabili (legata alla quantità di sole e vento). Un compito che in un futuro sempre meno lontano dovrebbe essere svolto dalla cosiddetta “rete intelligente” (la smart grid) e dai sistemi di accumulo e back up.
A questo proposito è bene ricordare che la distribuzione nei consumi energetici finali nazionali è la seguente: 21% elettricità, 79% combustibili. L’energia da combustibili rappresenta più di tre quarti dei consumi energetici finali: da questo punto di vista le Grandi Centrali sono tutt’altro che secondarie nell’ottimizzazione energetica del Paese. Visto quanto pesano dal punto di vista energetico i trasporti (http://www.cityrailways.it/home/2012/3/19/definire-lo-spread-del-trasporto. html) soprattutto a livello urbano e metropolitano, la quota di produttività raggiunta dalle rinnovabili (26% sul totale dell’energia prodotta nel Paese) è indispensabile definire un nuovo Piano Energetico Nazionale oltre a un Piano Quadro dei Trasporti. Se le rinnovabili possono sostenere i consumi residenziali e parte di quelli produttivi (soprattutto nel terziario) è ovvio che le Centrali tradizionali potranno assolvere al compito – oltre ché stabilizzare la rete – di sostenere il comparto industriale ma soprattutto – e questo un elemento sfuggito alla maggior parte dei commenti al boom delle rinnovabili – finalmente una transizione non più procrastinabile. Visto l’aumento dei carburanti – e constatato che le stime parlano tendenzialmente solo di aumenti per i prossimi anni e non di riduzioni visto che il petrolio a buon mercato è ormai in via di esaurimento – si deve puntare sulla mobilità urbana elettrica ad iniziare dai trasporti collettivi. Dati i costi collettivi della trazione termica e dato che la produzione centralizzata (nelle Grandi Centrali) di energia da combustibili fossili ha un impatto ambientale inferiore di almeno due ordini di grandezza rispetto all’utilizzo diffuso dei combustibili (i motori diesel o a gas non sono altro che micro-centrali elettriche) si dovrebbe sostenere la filoviarizzazione delle principali linee di trasporto urbano e metropolitano prevedendone anche, se i carichi lo consentono, la tranviarizzazione. Perché l’energia serve in molte forme e le Grandi Centrali possono sostenere la migrazione dal soddisfacimento della richiesta di energia per il trasporto attraverso l’utilizzo diffuso dei combustibili fossili all’elettricità. Questo permetterà di:
Ridurre i costi sociali della mobilità;
Aumentare la resilienza del tessuto sociale a contingenze avverse come l’aumento del costo dei carburanti offrendo al contempo una valida alternativa al trasporto privato e uno strumento di rilancio dei territorio quale quello di una mobilità pubblica efficiente;
Ottimizzare la mobilità in genere, perché i motori elettrici hanno un rendimento maggiore di qualunque motore termico e minori costi di manutenzione;
Garantire i giusti livelli di operatività ai grandi impianti di produzione energetica, permettendo al contempo una riduzione delle tariffe (se gli impianti sono utilizzati a pieno ritmo, i costi di produzione sono minori).