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FRANCIA: COME FINANZIARE LA MOBILITÀ?

Riflessioni e spunti per forme innovative di finanziamento dei trasporti

12 Luglio 2025
Reading Time: 11 mins read
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FRANCIA: COME FINANZIARE LA MOBILITÀ?
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Dal ciclo di conferenze Ambition France Transports (AFT) quattro strade per recuperare risorse per politiche e infrastrutture per la mobilità urbana

Qual è l’alchimia per conciliare gli imperativi ecologici e le esigenze di bilancio dello Stato con l’aumento delle esigenze di mobilità dei cittadini? Questo è l’obiettivo del rapporto Ambition France Transports, le cui 14 raccomandazioni delineano un nuovo modello di finanziamento delle infrastrutture. Il rapporto è stato presentato in un ciclo di conferenze che ha riunito più di 50 partecipanti (tra amministratori, esperti, attori pubblici e privati, associazioni professionali e di utenti) per dieci settimane intorno a quattro workshop tematici e ha ricevuto più di 230 relazioni delle parti interessate.

Philippe Tabarot, ministro dei Trasporti, ha annunciato una legge quadro che prevede: il mantenimento dei pedaggi autostradali in un nuovo modello agevolativo e il dirottamento di tutti questi introiti verso gli investimenti nei trasporti; la priorità attribuita alla rigenerazione e all’ammodernamento delle reti esistenti; un preciso programma di investimenti, che mobiliterà capitali privati. In sintesi, il rapporto:

  1. afferma con forza la priorità da dare agli investimenti nelle prestazioni e nella resilienza delle infrastrutture esistenti e sottolinea l’importanza di sviluppare i servizi di trasporto tra i centri urbani e le loro periferie;
  2. individua diverse leve di finanziamento da mobilitare a breve termine, ovvero a partire dal 2026 e ribadisce la necessità di collocare tali investimenti in un quadro pluriennale stabile;
  3. propone, a medio termine (2030-2032), due modelli gestionali delle autostrade dopo la scadenza delle concessioni per la mobilitazione delle entrate aggiuntive generate dai pedaggi per investimenti nella rigenerazione e modernizzazione delle infrastrutture di trasporto.

Sulla rete stradale non a pedaggio, l’indagine sulla vulnerabilità della rete stradale nazionale condotto da Setec per conto del Ministero dei Trasporti indica che l’aumento degli investimenti nella rigenerazione e modernizzazione della rete stradale nazionale non in concessione di 1 miliardo di euro all’anno entro il 2032 consentirà di evitare 2 miliardi di euro all’anno di spese legate alle conseguenze dell’inazione su questa stessa rete e 3 miliardi di euro all’anno di perdite economiche e sociali legate alla ridotta disponibilità di questa infrastruttura.

Fabbisogno medio annuo di investimenti per le reti di mobilità nel periodo 2026-2031 (M€ al valore 2025). (*) Il programma Ulysse è il programma di investimenti della strategia nazionale di sviluppo del trasporto merci su rotaia per raggiungere gli obiettivi di quota modale stabiliti dalla SNBC3, la 3^ strategia nazionale a basse emissioni di carbonio (Fonte Rapporto AFT)

Quattro possibili fonti innovative di risorse

📌 1️⃣ Modello paritario 50/50

Lo Stato copre il 50% del fabbisogno, mentre il 50% restante deriva dagli Enti locali (per la Francia, Regioni, Métropoles, Dipartimenti). Si tratta di una forma atipica che andrebbe a gravare le casse locali, solitamente aggravate per questo tipo di infrastrutture non oltre il 15/20% del fabbisogno. Per la Ragioneria dello Stato questa modalità di cofinanziamento garantirebbe una maggiore elasticità nel coprire un maggior numero di attività.

La contribuzione locale sarebbe supportata come nei progetti di finanza partecipata. Stato e Regione stipulerebbero un Contrat de plan État-Région (CPER) nel quale sono fissati anche i meccanismi di supporto per la copertura dell’esborso locale. Le leve individuate sono:

  1. la concessione di una maggiorazione temporanea – non verso i contribuenti ma a valere sull’imponibile complessivo che la Regione devolve allo Stato centrale – della quota di imposte locali;
  2. il riconoscimento di un canone di utilizzo dell’infrastruttura (calcolato sul 50% di proprietà dell’ente locale).

📌 2️⃣ Meccanismo per collegare l’Europa (CEF)

Il Meccanismo per collegare l’Europa è uno strumento predisposto per il finanziamento delle infrastrutture di trasporto nell’Unione. Si tratta di un cofinanziamento in quota variabile, a fondo perduto, per progetti, opere e impianti. CEF copre dal 20 al 50% dei costi eleggibili tratte sezioni transfrontaliere o parti di corridoi prioritari TEN-T: a proposito, nel 2024 è stato aggiornato il Regolamento TEN-T che prevede che entro il 2027 tutti i Piani Urbani della Mobilità Sostenibili (PUMS) siano aggiornati inquadrandone le opere previste nell’ambito delle reti dei corridoi prioritari europei.

L’aspetto negativo è che questa fonte, trattandosi di un fondo comunitario, non permette di controllarne i flussi; pertanto, le dotazioni annuali sono imprevedibili e frammentate. Per rendere più snello l’impiego di questo canale, il rapporto AFT sottolinea l’esigenza per la Francia di negoziare con la Commissione europea un piano unitario e di livello nazionale di impegno di spesa pluriennale.

 📌 3️⃣ Agenzia di finanziamento delle infrastrutture

L’ AFIT-F, Agence de financement des infrastructures de transport de France, è una agenzia nazionale esistente incaricata di programmare e distribuire i fondi per le infrastrutture di trasporto. È alimentata da:

  • risorse generali dello Stato,
  • contributi di enti locali,
  • eventuali risorse dedicate come la taxe poids lourds oppure i pedaggi; la tassa sui veicoli pesanti è una tassa chilometrica proporzionale alla distanza percorsa. Ha lo scopo di far pagare ai camion di peso superiore a 3,5 tonnellate l’utilizzo della rete stradale non in concessione (ovvero non soggetta a pedaggio.

Il problema di questo canale è che le risorse AFIT-F sono ancora annuali ovvero negoziate di anno in anno senza possibilità di una programmazione pluriennale.

📌 4️⃣ Finanziamento attraverso società di scopo

Una società di scopo è una società creata per uno scopo specifico, spesso per realizzare o gestire un progetto particolare, come un’infrastruttura o un’attività industriale. È un’entità giuridica separata dalle società o enti che la promuovono, e la sua attività è limitata al progetto per cui è stata costituita.  Attualmente in Francia sono utilizzate ad esempio per la realizzazione di nuove tratte ferroviarie ad Alta velocità. Si tratta sia di stazioni appaltanti che di soggetti realizzatori.

Queste società sono anche enti finanziari e possono allocare debito sul mercato, attraverso l’emissione di titoli di prestito di medio e lungo termine, garantiti – dato il carattere di pubblica utilità delle opere – da Cassa Depositi e Prestiti.

Per il rapporto ATF sarebbe necessario rendere più snella l’operatività delle società di scopo per consentirgli di agire a tutti gli effetti come intermediari finanziari anche conto terzi.

📌 5️⃣ Utili fiscali locali dedicati

Il documento propone di istituzionalizzare un dialogo tra Stato ed Enti locali di primo e secondo livello sull’individualizzazione di canali e risorse fiscali dedicate:

  • addizionale locale sui carburanti;
  • addizionale per utenze commerciali e imprese;
  • tassazione del plusvalore generato da nuove infrastrutture come stazioni o nuove linee di trasporto;
  • modelli di cattura del valore ispirati da alcune pratiche giapponesi o britanniche.

L’obiettivo è quello di generare un flusso finanziario addizionale di entrate ricorrenti per rimborsare una parte di debito assunto dalla collettività.

I metodi di cattura del surplus di valore (LVC, land value capture) indotto dalle infrastrutture sono nominalmente diversi, anche se nella pratica quotidiana non tutti hanno trovato valida applicazione. Il caso della Elizabeth Line (già progetto “Crossrail”) è uno dei casi di maggiore successo con quasi il 45% del quadro economico totale (~19 miliardi £) raccolti tramite strumenti di LVC:

  • Business Rate Supplement (BRS): tassa addizionale (pari a 2% del valore imponibile fiscale) sulle imprese sopra una certa dimensione (≥55.000 £/anno) destinata esclusivamente a Crossrail con un flusso di ~4 miliardi £ su 30 anni.
  • Community Infrastructure Levy (CIL): tassa su nuovi sviluppi immobiliari, introdotta dal GLA (Greater London Authority) come maggiorazione della tassazione ordinaria nella “Crossrail charging zone”. I proponenti di iniziative immobiliari pagano una addizionale (tra 75 e 235 £) proporzionale ai m² e alla tipologia.
  • Section 106 Agreements: contratti negoziati caso per caso con sviluppatori per contributi perequativi in denaro o in sottoservizi e opere infrastrutturali complementari al progetto.

Non è tutto oro ciò che luccica: rischi dei sistemi VLC sono la poca trasparenza dei contratti (specie negli accordi della misura 106) e la forzatura aprioristica – ovvero indipendentemente dalle specifiche del caso – di una maggiorazione dei canoni di locazione e vendita degli immobili, una gentrificazione forzata dall’alto per capirci.

Altro caso di studio è quello del Giappone dove agli operatori ferroviari (es. Tokyu, Odakyu, Keio) è concesso di gestire non solo i ricavi da trasporto ma anche:

  • sviluppo immobiliare (vendita/locazione);
  • installazione di centri commerciali, hotel, uffici.

È una forma di LVC senza intermediari, dove gli operatori:

  • acquistano terreni lungo i futuri tracciati;
  • pianificano lo sviluppo urbano attraverso una sorta di piani di zona;

utilizzando i profitti immobiliari, al netto dei costi finanziari e di un certo margine, per finanziare l’investimento (una nuova linea, un’estensione, un potenziamento infrastrutturale) che poi gestiranno.

Lo strumento utilizzato è l’Accordo di sviluppo (Joint Development), un partenariato con l’amministrazione locale per aggiornare il piano regolatore al piano di zona di investimento. Nel caso di una valorizzazione concentrata sulle stazioni come hub urbanistici complessi, amministrazione e operatore possono stipulare un accordo, il quale ne condivide i ricavi (per l’amministrazione, a copertura delle tasse e delle addizionali locali per i servizi). Il caso di letteratura più famoso è quello di “Tokyu Corporation” che ha finanziato estensioni di linee ferroviarie grazie alla valorizzazione dei terreni adiacenti entro circa 1 chilometro.

La trasposizione del modello giapponese all’Europa e all’Italia richiede una chiosa sul Dango: termine giapponese – che nulla ha a che vedere con la Yazuka e la sua ‘economia’ – che indica collusione fra imprese per decidere in anticipo chi vincerà l’appalto e a quale prezzo. Le imprese si mettono d’accordo in anticipo, distribuiscono i lotti, stabiliscono chi ‘offrirà’ l’offerta migliore. Il prezzo tende a restare gonfiato artificialmente tra i partecipanti. Si tratta di una pratica formalmente illegale anche in Giappone (violazione della legge Antitrust) ma storicamente accettato e tollerato. Il motivo originario è quello di evitare gare aggressive e fallimenti d’impresa in settori chiave come quello dell’ingegneria e delle infrastrutture; le autorità locali di fatto accettavano che le imprese locali si mettessero d’accordo per mantenere lavoro e stabilità e le offerte concorrenziali troppo basse erano viste come destabilizzanti e in un certo senso ‘pericolose’ per il sistema. Lo stesso governo chiudeva un occhio, purché le imprese nazionali prosperassero e dessero lavoro. Le organizzazioni di settore sorvegliavano affinché fosse rispettato il ‘sistema circolare’ e tutte le imprese locali ottenessero lo stesso volume d’appalti a rotazione. Con il decennio perduto (Ushinawareta Jūnen) ha seguito della bolla speculativa del 1989-1990 il Dango è rientrato tra i comportamenti da correggere. Il rafforzamento della legge antitrust ha portato a una raffica di indagini da parte dell’Autorità della Concorrenza (JFTC) e all’adozione di black-list di imprese coinvolte in Dango; il rafforzamento delle norme anticorruzione e incentivi a gare realmente competitive (e-procurement, aste al ribasso) hanno limitato ma non eliminato il Dango che permane soprattutto a livello locale, rendendo estremamente peculiare il sistema giapponese degli appalti per opere pubbliche.

Come sostenere i progetti SERM?

Il rapporto si concentra, tra l’altro, sui Services express régionaux métropolitains (SERM). I SERM costituiscono un elemento portante della mobilità nelle aree urbane e sono accompagnati da misure complementari come lo sviluppo della mobilità attiva e condivisa, l’intermodalità e l’elettrificazione delle flotte. Non meno importante, i SERM consentono di intervenire per controllare le dinamiche di metropolitanizzazione del territorio e attuare uno sviluppo più equilibrato delle aree metropolitane.

Francia, progetti SERM approvati (fonte Ministère de la Transition écologique, de la Biodiversité, de la Forêt, de la Mer et de la Pêche)

Il riconoscimento “SERM” è legato a una istruttoria complessa, dove si va a indagare non solo i progetti proposti ma anche il programma di gestione e quello di reperimento risorse per la realizzazione e l’esercizio. A oggi sono 26 le città/aree urbane che hanno già ottenuto la certificazione e sono quindi ufficialmente impegnati nel processo, con diversi gradi di maturità. Strasburgo e Bordeaux sono le città più avanti, a parte il territorio della capitale, in termini di passaggio alla prima fase di esercizio.

Sono almeno un’altra decina le città che stanno portando avanti degli studi di fattibilità: questo lavoro preparatorio per i progetti SERM dovrebbe consentire l’emergere e il consolidamento di una visione e di obiettivi condivisi dagli attori locali, rispondendo alle esigenze di mobilità quotidiana dei residenti, sulla base di un chiaro e condiviso schema di governance.

Per la complessità del processo, i responsabili di questi progetti sono, come minimo, le Regioni, le Agenzie di mobilità regionale e le aree metropolitane competenti, che hanno giurisdizione sul trasporto urbano. L’ammissibilità di un SERM deve essere accompagnata da un solido coordinamento delle politiche di mobilità e pianificazione territoriale.

Intanto, 900 milioni di euro sono mobilitati dallo Stato per sostenere questi progetti, attraverso il piano di rilancio e le componenti “mobilità” dei Contratti di Programma Stato-Regione (CPER) 2023-2027. I progetti più maturi otterranno lo status di servizio espresso regionale metropolitano previsto dall’articolo L. 1215-6 del Codice dei Trasporti e potranno beneficiare di un sostegno diretto da parte dello Stato e di risorse finanziarie e umane aggiuntive.

Relativamente ai SERM, il rapporto ATF evidenzia alcuni punti da attenzionare:

  • La mobilità è una questione sociale complessa, che non si limita solo il trasporto pubblico essendo l’80% delle percorrenze giornaliere prodotto da mezzi privati;
  • Il settore della mobilità soffre particolarmente le contingenze avverse che toccano la fiscalità pubblica;
  • Il rinnovamento del modello economico del trasporto pubblico richiede tempo; sebbene misure a breve termine possano offrire un margine di manovra, sussistono difficoltà strutturali che solo misure meno immediate, in particolare quelle che richiedono modifiche legislative, possono risolvere;
  • È il momento di sollevare la questione della governance “frammentata” delle aree urbane. La discrepanza tra il perimetro amministrativo e i bacini di utenza richiede una forte cooperazione tra regioni, AOM urbane e intercomunali (Autorità Organizzatrice della Mobilità, ruolo in Italia in parte coperto dalle Agenzie locali di mobilità), che può assumere molteplici forme. Il problema è come condividere la produttività urbana, cosa non facile in periodi di pressione di bilancio.
Distribuzione degli investimenti individuati dalla strategia nazionale di sviluppo del trasporto merci su rotaia (fonte Rapporto AFT)

In sintesi

Decarbonizzare il settore è un imperativo per accelerare il trasferimento modale verso una mobilità a basse emissioni di carbonio. La mobilità delle persone, in Europa, rappresenta l’unico settore le cui emissioni continuano a non diminuire. Queste rappresentano il 18% delle emissioni francesi, ovvero 68 Mt di CO2 emesse dalle auto nel 2023, una cifra paragonabile a quella del 1990. I collegamenti tra aree periurbane e città di medie e grandi dimensioni rappresentano quasi la metà delle emissioni delle auto. Nelle sessioni ATF è emersa l’attuale discrepanza tra la domanda di mobilità da queste aree ai centri urbani e l’offerta di trasporto pubblico disponibile, con lacune significative. Secondo l’INSEE, il 93% della popolazione francese è polarizzato economicamente nelle città, ma solo il 50% vive nei centri urbani (comuni capoluogo, prima e seconda cintura), mentre il resto vive in aree periurbane (il 43% della popolazione): questa distribuzione spaziale di alloggi e posti di lavoro ha conseguenze dirette sulla mobilità e per nulla positive. Le distanze percorse in auto dalle famiglie periurbane sono in media il doppio di quelle dei residenti nei centri urbani e una quota modale di utilizzo dell’auto che raggiunge quasi il 90% al di fuori dei centri urbani, rispetto a circa il 50% nelle grandi città.

L’equità sociale richiede inoltre di garantire la mobilità per tutti, in particolare a beneficio dei più vulnerabili, fattore chiave per l’integrazione sociale e professionale. Ciò riguarda principalmente le periferie dei principali centri urbani (10% della popolazione), ma anche una parte della popolazione al di fuori dei centri urbani nelle aree rurali periurbane che non ha accesso all’auto. La sostenibilità finanziaria del settore è un obiettivo fondamentale sia in termini di entrate che di spese. Nel 2023, le Agenzie metropolitane per la mobilità hanno stanziato 8 miliardi di euro per i costi operativi, di cui 5 miliardi di euro per la gestione delle principali reti di trasporto pubblico urbano e 3 miliardi di euro per gli investimenti. Le Agenzie regionali (escluse Île-de-France e Corsica) hanno stanziato 6,8 miliardi di euro per i costi operativi e 2,3 miliardi di euro per gli investimenti. 7 In un contesto di crescente interesse degli utenti per il trasporto pubblico, la capacità delle Agenzie di assorbire un ulteriore shock dell’offerta è fortemente limitata da un rapporto entrate/spese in peggioramento e da una ridotta autonomia fiscale.

Il rapporto ATF individua un modello finanziario strutturato su cinque pilastri complementari:

1️⃣ Partenariato 50/50 tra Stato centrale ed enti locali

2️⃣ Cofinanziamento con fondi europei

3️⃣ Agenzia nazionale con poteri di programmazione pluriennale

4️⃣ Società di scopo per mutualizzare una quota del debito

5️⃣Tassazione locale dedicata

Il rapporto pone grande attenzione alla visibilità e comunicazione dei progetti e alla programmazione pluriennale degli investimenti, con monitoraggio delle risorse in tempo reale.

Mettere in discussione il sistema della mobilità richiede un dibattito strutturato, aperto, democratico e partecipato. Gli attori coinvolti (Stato, Regioni, Agenzie della mobilità, utenti, imprese, associazioni professionali) hanno interessi intrinsecamente diversi, ma possono, attorno a obiettivi comuni, elaborare soluzioni condivise da tutti. Questo dibattito è possibile solo se tutti condividono la convinzione che l’interesse generale non appartiene a nessuno, ma nasce necessariamente dal dialogo tra le diverse componenti della società.

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