Dal 1° gennaio 2012 è la Liguria la Regione italiana con le tariffe ferroviarie più alte nonostante l’incremento del costo del biglietto del 23,4% della Lombardia. A peggiorare la situazione gli incrementi delle tariffe sono accompagnati spesso da tagli al servizio: si paga di più e si ha di meno. Sempre la Liguria oltre ad avere avuto un incremento del 20% dei costi ha avuto un taglio del 12% delle corse e altri tagli sono annunciati dal prossimo marzo, mentre in Lombardia almeno il servizio non è stato tagliato ma anzi aumentato grazie anche all’introduzione della nuova S13 che collega Milano con Pavia. Altra Regione che ha avuto pesanti tagli è il Veneto, ben il 19,5% in meno, seguita dal -13% delle Marche e il -10% di Campania e Abruzzo. Per le tariffe il Molise è la Regione con il costo più basso, quasi la metà della Liguria 1,6 euro per la fascia 21-30 km contro i 3,3 euro per viaggiare nella Riviera Ligure. Ma quali sono le cause di questi aumenti e contestuali riduzioni del servizio?
Ovviamente tutto parte dai tagli al finanziamento del trasporto pubblico operati dal Governo che hanno lasciato scoperti i punti più sensibili della gestione, spesso approssimativa e antiquata, delle ferrovie Regionali. Le Regioni più grandi, quindi con disponibilità finanziarie maggiori, sono riuscite a ridistribuire meglio i costi tra i vari capitoli di spesa, Regioni piccole come la Liguria con un altissima spesa sanitaria, si sono ritrovate con la coperta troppo corta e un contratto capestro con Trenitalia che ha legato i costi ai tempi di percorrenza che guardacaso negli ultimi anni si sono dilatati sempre più. Quindi abbiamo meno treni, più lenti, con un età media in alcuni casi di oltre 30 anni e con i biglietti aumentati. La tempesta perfetta per riuscire a perdere anche gli ultimi irriducibili viaggiatori del trasporto ferroviario regionale. Come uscirne? innanzitutto occorre accelerare nella ristrutturazione del servizio introducendo in tutte le Regioni due-tre categorie di linee:
• Metropolitane, per servizi frequenti (5-10 minuti) all’interno delle grandi città (in alcuni casi, questo servizio può essere parte delle linee Suburbane come accade per esempio a Roma e Milano).
• Suburbane, per servizi cadenzati (30-60 minuti) per le grandi aree urbane e la loro provincia.
• Regionali veloci, per servizi cadenzati (60 minuti) che toccano solo le stazioni principali all’interno di una Regione.
Questo schema introduce efficienza e semplificazione: basta annunci di treni con definizioni incomprensibili ma numeri e colori per indicare chiaramente le linee, basta orari impossibili da ricordare e con buchi di ore durante la giornata ma orari cadenzati con un servizio costante dalla mattina alla sera, basta treni vecchi, sporchi, non accessibili ai disabili ma treni moderni, comodi con incarrozzamento a raso. Servono linee corte, veloci e frequenti che diventino una sorta di metropolitana per le grandi città, linee suburbane che distribuiscano di passeggeri in maniera capillare in tutti i comuni della provincia e linee veloci regionali per chi si deve muovere velocemente tra i capoluoghi di provincia della stessa Regione.
Questa differenzazione del servizio, prassi comune in molti paesi europei, è la base per un rilancio dei servizi ferroviari regionali che dovranno essere visti sempre più come concorrenziali con il mezzo privato perché più veloci ed economici. Naturalmente il rinnovo del materiale rotabile acquistando treni adatti (ora non lo sono nella maggior parte dei casi) è un altro punto fondamentale. In Regioni come la Lombardia, dove questo è già in parte realtà, i risultati positivi si vedono: la nuova linea S13 soffre già si sovrafollamento. Se metti un servizio utile ed efficiente, la gente lo usa, compra il biglietto e fa gli abbonamenti anche se costano di più ma in cambio ha un servizio che vale la pena pagare. Naturalmente i finanziamenti per il trasporto ferroviario dovranno avere una fonte certa, non è più possibile avere “l’emergenza” costante verso la fine di ogni anno in cui nessuna Regione sa quanti soldi riceverà per l’anno successivo. In questo modo è impossibile programmare alcunché. Una delle fonti certe può essere una quota variabile sulle accise sulla benzina come il Governo Monti ha dichiarato di voler fare dal 2013 ma anche una quota costante di finanziamenti da assegnare con la finanziaria che siano intoccabili, un po’ come accade per i costi militari. Infine serve la concorrenza, il mercato del trasporto Regionale deve essere liberalizzato e sotto una regia pubblica regolato mantenendone le caratteristiche di servizio pubblico ma aprendolo ad altre società che vogliano partecipare alle gare. Le resistenze alla necessaria modernizzazione sono molte ma non vediamo alternative se non proseguire su questa strada, l’unica possibile per salvare il trasporto ferroviario pendolare italiano. Vedremo nel corso di quest’anno se questo riuscirà e risorgere dalle sue ceneri o sarà definitivamente abbandonato a se stesso.