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E liberaci dal tram

30 Dicembre 2011
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E liberaci dal tram
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“La terza Roma si dilaterà sopra altri colli, lungo le rive del fiume sacro sino alle spiagge del Tirreno Voi libererete Roma dalla stolta contaminazione tranviaria”.
Questa frase fu pronunciata  da Mussolini nel discorso del 31 dicembre 1925 tenuto in Campidoglio, parlando del futuro della capitale. Se molti ne conosceranno la prima parte – immortalata nell’effige del Palazzo della Civiltà del Lavoro (il Colosseo quadrato) all’EUR  –  pochi conosceranno la seconda: anatema senza se e senza ma contro tutto il mondo dei tranvai. Un anatema che, a quasi novant’anni di distanza, ancora deve riecheggiare con forza nei corridoi del potere romano: perché, a Roma, il tram sta morendo. Della “gloriosa” rete che Mussolini aveva dinanzi (147 km di linee urbane con 412 km di binari cui si aggiungevano 317 km di linee extraurbane) non rimangono che 3 spezzoni di rete urbana e miseri 9 km – da via Giolitti a Giardinetti – delle Ferrovie Laziali (rete di 137 km). Con la sospensione del servizio tranviario della linea 3 la rete urbana è ormai ridotta in pianta stabile a 32,9 km.

Il parco rotabile è esangue. I mitici “jumbotram” del Giubileo, ovvero i Cityway I e II (le 91 e le 92) nonostante tutte le modifiche eseguite e in corso d’opera (da cui gli interminabili collaudi), seguitano ad essere del tutto inaffidabili. Le Socimi acquistato per i Mondiali del ’90, solo dodici vetture sono effettivamente bidirezionali, le restanti hanno tutte una cabina inutilizzabile per mancanza di componenti cannibalizzati. Con questa situazione – ed equivalendo a bestemmia ogni proposta di nuovo acquisto –  il servizio tramviario è destinato a seguitare, in modo precario, utilizzando le vetture disponibili. A queste condizioni il ripristino della 3 è impossibile così come il prolungamento della 8 da Argentina a Venezia.
La cura del ferro propugnata a suo tempo da Giunte animate da buoni propositi ha così dovuto fare i conti con l’avversione degli Amministratori capitolini per il tram e tutto ciò che è elettrico. Perché se in ogni dove – e perfino nei convegni romani – si conviene che il tram è sostenibile, bello, moderno, silenzioso, ecologico nelle discussioni Amministrative capitoline il tram diventa
• pesante: anche nei sostantivi, infatti a Roma il tram è sempre “jumbo”;
• ingombrante: toglie spazio ai parcheggi, e l’auto si sa, a Roma è necessaria;
• rumoroso: come nel nuovo capolinea del 2 (senza il minimo dubbio che ci fossero degli errori progettuali) o come si sente dire nelle discussioni sul tram in via Nazionale, dove il tram potrebbe essere talmente rumoroso da rendere impossibile viverci;
• antiestetico: quell’orditura di antiestetici fili è una trama fatta apposta per oscurare i preziosi monumenti romani a turisti e cittadini (senza dubbio alcuno che la patina grigia non sia il velo del tempo ma deposito di smog e che sotto la corrosione operi contro i beni storici in maniera ben più efficace dei fili del tram);
• pericoloso: come l’8, un tram “mangia-macchine” dove i “jumbo” hanno l’abitudine di colpire tutte le auto che diligentemente attraversano i semafori col rosso proprio per snellire il traffico;
• contronatura: come quando si paventa il ritorno del tram in strade come via XX Settembre o via Nazionale proprio per snaturarne l’estetica (furono realizzate nei primi del Novecento proprio con corsia tranviaria centrale).
E così il trasporto elettrico (quello vero) a Roma non decolla e nonostante l’ISPRA denunci i livelli di pericolosità – superiori all’acceptable deterioration rate – raggiunti dall’erosione su un patrimonio dell’umanità costituito principalmente da materiali calcarei (quindi più vulnerabili) si discetta di estetismi di fili elettrici bloccando ogni azione progettuale concreta per portare un trasporto pubblico ecologico e ad alta capacità nel Centro.
Accade anche che, in una “guerra dei poveri”, quando arriva (un poco alla volta, 707 metri l’anno dal 1955 contro i 2.276 di Parigi, i 1.854 di Milano, i 1.454 di Barcellona) anche le metropolitane mangiano i tram: fu così per la linea A, alla cui apertura si ritenne ovvio (!) chiudere definitivamente l’estesa rete tranviaria che dal quartiere Appio raggiungeva i Castelli (87 km nel periodo di massima espansione) e così sarà per la linea C che mangerà la Roma-Pantano. Eppure le metropolitane effettuano un servizio di attraversamento con fermate anche distanti mentre i tram possono effettuare in maniera efficace un servizio di prossimità e distribuzione con fermate ravvicinate: altrimenti a Milano avrebbero preso un abbaglio ad attrezzare viale Testi con una metrotranvia (la 31 per Cinisello) e una linea metropolitana (la linea 5).
Per molte voci accreditate non restano molti anni allo smantellamento totale della rete tranviaria e filoviaria romana: sì, si paventa di nuovi ponti tranviari (Ponte della Musica) oppure di fantomatiche reti filoviarie (dall’EUR a Tor Pagnotta e Tor de Cenci, lavori in fase avanzata senza nemmeno un km di linea aerea). Ma poi si pensa al riutilizzo dei depositi storici (come quello di Porta Maggiore) con “moderni” interventi di riqualificazione urbana e si lascia che la vetustà continui a falcidiare il parco rotabile – e il servizio. Lasciando che sia proprio il tempo a esaudire l’ordine anacronistico che ancora riecheggia. Liberando Roma, una volta per tutte, dalla stolta contaminazione tranviaria.

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