Tutti d’accordo che la mobilità pubblica sia fondamentale e più che mai quella su ferro; tutti d’accordo sull’importanza delle misure idonee alla riduzione dei gas serra piuttosto che a ridurre l’inquinamento atmosferico. Ma quando si tratta di passare dai convegni dai nomi altisonanti alla più noiosa quotidianità l’esito è sempre lo stesso: ridurre, tagliare, dismettere. Così, in questo momento di crisi, nell’Italia dei mille campanili e delle altrettante stazioni ferroviarie non si parla altro che di “tagliare rami-secchi”. Un modo anacronistico di affrontare la crisi, togliere a un territorio la possibilità di muoversi in maniera alternativa all’auto privata: 17 tratte secondarie saranno tagliate nella regione Piemonte mentre nella piccola Val d’Aosta, si torna a ventilare la dimissione della ferrovia Aosta-Pré St. Didier. Ed è proprio su questo caso che vorremmo concentrare l’attenzione per provare a sollevare un dibattito tra tecnici e cercare di rendere evidente a tutti – e non solo a chi quelle linee le utilizza o prova a farlo – che l’unico taglio da fare sia quello della continuazione di questa strategia dei “rami-secchi”. Per questo partiamo proprio da una piccola linea secondaria.
La ferrovia Aosta – Pré-Saint-Didier è una linea a scartamento ordinario della Valle d’Aosta di 31 km e 12 fermate. In concessione fino al 1931, fu poi riscattata dalle FS. Già alimentata a 3.000 Vcc, nel 1968 venne eliminata la trazione elettrica e sostituita con la trazione diesel: erano gli anni Sessanta e il petrolio a buon mercato sembrava “eterno”. Curioso che l’anacronismo italiano non ha limiti, né in senso né in un altro: l’elettrificazione fu dismessa proprio all’alba della prima crisi energetica, quando si temeva che il petrolio sarebbe finito di lì a poco. Ad Aosta la linea scambia con la ferrovia Aosta-Chivasso-Torino.
Il bacino della linea si estende lungo la porzione occidentale della valle della Dora, per 593 kmq e conta 34.756 abitanti (stima 1/1/2012) compresi i residenti dei sobborghi occidentali della città di Aosta.
Si tratta di meno di 5mila passeggeri/giorno: un carico effettivamente ridotto. Sono però circa 40mila gli spostamenti giorno compiuti da 39.800 residenti che si spostano fuori del proprio comune di residenza e principalmente verso Aosta. Ci sono quindi i margini di potenziamento dei flussi soprattutto in relazione all’utilizzo del mezzo pubblico, che nella valle, secondo le rilevazioni ISTAT svolte in occasione del Censimento 2001, è superiore al 20% nonostante il tasso di motorizzazione. Si immagini di potenziare il servizio, come è stato fatto in diverse linee secondarie europee. Si pensi ad alcuni esempi tedeschi – già, anche nella efficiente Germania al Gestore nazionale, DB, capita di ragionare secondo la logica dei “rami secchi”) alla Rurtalbahn dove, partendo da circa 1.200 passeggeri al giorno nel 1989 (tasso di motorizzazione del distretto pari a 783), il traffico è aumentato del 500% in 15 anni per raggiungere il numero di 6.400 passeggeri al giorno nel 2004. Altro successo è la Regiobahn Kaarst-Mettmann, altro ramo che le DB volevano dismettere e, dopo 3 anni di potenziamento del servizio il valore di pax-giorno triplica sino a superare le 18.000 unità nel 2003. Con interventi di potenziamento simile a quelli indicati e uno stanziamento nell’ordine dei 0,9-1,5M€ /km pari a un totale di 28-47 M€ – a seconda che si voglia acquistare 6-8 nuovi convogli oppure riqualificare le fermate e costruirne altre 4 –si può aumentare il numero passeggeri sino al 220%:
Con questo scenario la produttività della linea supera la soglia dei 10mila passeggeri giorno, portando al 47% la ripartizione modale sul TPL: un obiettivo eccellente (raggiungibile anche grazie alla peculiarità degli spostamenti della valle, che si svolgono su un percorso lineare lungo il senso della valle stessa) a fronte di un investimento tutt’altro che elevato. A questo punto il servizio potrebbe essere prolungato attraverso Aosta e proseguire sino all’estremità orientale della conurbazione (Nus). In questo scenario il carico della linea raggiunge i 18mila ppday su un totale di 82.700 spostamenti giorno.
Costruire nuove tratte ferroviarie è oneroso ed è per questo che occorre sfruttare al massimo quelle esistenti. Prendendo a prestito dal lessico finanziario – così di moda – le infrastrutture esistenti possono essere quel “ben rifugio” su cui puntare per far ripartire le economie territoriali. Se da un “ramo secco” di 31 km in una valle lontana dalle aree metropolitane si possono ottenere 18.800 ppd, forse è il caso che ogni Regione inizi a guardare al proprio patrimonio con occhio diverso da quello del Gestore nazionale.