La manovra attualmente in fase di lettura in Senato, nell’articolo 8 (quello della libertà di licenziamento) è stato approvato un emendamento presentato da tre senatori di maggioranza: Massimo Garavaglia, Gianvittore Vaccari (Lega) e Paolo Tancredi (PDL) che attraverso una modifica del decreto legislativo 188/2003 (“Attuazione delle direttive 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE in materia ferroviaria”) introduce per tutti gli operatori privati del comparto ferroviario l’obbligo di scegliere un contratto collettivo di settore già esistente, tra cui quello delle Ferrovie dello Stato (scaduto nel 2007) o il contratto nazionale degli autoferrotranvieri anche se sono già stati stipulati diversi accordi sindacali. NTV, che aveva siglato un accordo moderno e con incentivi che premiava la produttività, dovrà fare marcia indietro. Questo costringerà gli operatori privati superstiti a rivedere totalmente i piani economici con aumenti di costi che nel settore cargo potranno raggiungere il 30%. Questa norma mira a riportare in equilibrio i costi dei diversi operatori ferroviari in vista della competizione sull’alta velocità ma è indubbiamente liberticida e iniqua perché gli operatori privati come NTV hanno investito miliardi di euro basandosi su regole che ora sono cambiate alla vigilia dell’inizio dell’attività mentre Trenitalia è sempre stata pesantemente sovenzionata con denaro pubblico (per esempio le Frecce Rosse e Argento attuali sono stati comprati con soldi statali). E nel settore cargo le aziende private non dispongono di alcun sussidio pubblico che invece ha Trenitalia cargo (587 milioni dal 2005 al 2009). La battaglia contro la liberalizzazione delle ferrovie sembra ormai vinta da chi non vuole la competizione, un altro passo indietro per il nostro malandato paese.