– di Andrea Spinosa –
Se l’Ottocento è stato il secolo della forza vapore, il Novecento è stato il secolo dell’automobile: come il vapore aveva permesso l’avvio della Rivoluzione industriale così il petrolio ha permesso la Rivoluzione della mobilità. Per la prima volta nella Storia tutti erano liberi di spostarsi ovunque volevano senza soggiacere all’esistenza di infrastrutture collettive – come i treni – ai loro costi e ai loro orari. Una fonte energetica estremamente conveniente e facile da trasportare, una “carrozza” senza cavalli maneggevole eppure veloce e potente. Una rivoluzione talmente rapida e profonda da poter essere paragonata solo a quella più recente degli smart-phone cioè alla possibilità di aver non solo i propri cari ma tutto il web nel palmo della mano.
Una rivoluzione, quella dell’automobile, che è diventata così pervasiva da diventare paradigma della nostra società: l’automobile non è più un mezzo ma uno scopo. Senza accorgercene abbiamo tolto le persone dal centro della pianificazione delle città e le abbiamo sostituite con le automobili (e gli altri mezzi di trasporto privato che nel frattempo le hanno affiancate). Sebbene i moniti di urbanisti, sociologi e tecnici siano ormai dimenticati le attuali emergenze ecologiche e sociali ci impongono di rimettere in discussione tutto quanto ci appaia oggi come acquisito e scontato.
“Forget the damned motor car and built cities for lovers and friends.”
L’urbanistica a bolle e la Marmellopoli
Il modello urbano prevalente nel mondo Occidentale – il caso italiano è emblematico – vede il territorio abitato come un continuum isotropo. Uno sviluppo che ha avuto due effetti destrutturanti:
- rarefazione della densità territoriale;
- indebolimento delle funzioni urbane.
L’automobile è finita con l’esercitare una funzione fortemente corrosiva sul tessuto urbano. L’implosione dei centri storici è dovuta proprio al prevalere della regola della strada: il traffico tende infatti a ridistribuirsi in maniera uniforme su tutta la rete, rifluendo dai nodi più congestionati. Se le attività produttive si trovano a inseguire questa ridistribuzione, non troveranno nessun impedimento nello spostarsi verso aree percepite come più accessibili. Se questo processo trova campo libero, la città viene ribaltata: ai centri medioevali e rinascimentali (non progettati per l’automobile) risulteranno più appetibili le sterminate periferie in cui ci si può spostare anche attraverso ampie strade di scorrimento.
L’attuale corpus legislativo urbanistico è fondato sugli standard territoriali: la pianificazione territoriale avviene per azzonamento. In ciascuna zona ci sono dei requisiti minimi in termini di dotazione di servizi pubblici locali da rispettare: asili e scuole primarie; attrezzature di interesse collettivo; verde attrezzato e parcheggi pubblici. Per motivi che al momento (il DM degli standard è del 1968) apparivano lapalissiani gli spazi per l’automobile dovevano esistere ope-legis, quelli per il trasporto pubblico no. Se i parcheggi privati potevano essere inclusi nell’intervento edilizio (in altezza oppure nel sottosuolo) quelli pubblici finivano quasi sempre nel palesarsi in slarghi e ampliamenti degli spazi per la viabilità. Una divaricazione che non farà altro che alimentare la divaricazione degli spazi urbani, l’abbassamento della densità territoriale, il consumo di suolo e le distanze da percorrere. È l’urbanistica a bolle: la città cresce aggiunta successiva di comparti che al loro interno hanno tante bolle di spazi vuoti. Non un buon affare, ma ne riparliamo più avanti.
Alle estreme conseguenze questo modello porta all’uguaglianza di tutti i luoghi: e se tutti i luoghi sono uguali ogni luogo è un non-luogo in quanto negazione della propria unicità. L’indistinto urbano dove la forza centrifuga non è compensata da alcuna forza centripeta identitaria è la Marmellopoli.
Alla isotropia territoriale corrisponde però una pianificazione anisotropa del trasporto centrata solo sulle esigenze delle aree urbane centrali . Il fattore che più di ogni altro ha avuto – e continua ad avere – un ruolo primario in questo fenomeno risiede nel non aver impedito che la mobilità privata prendesse il sopravvento. Al contempo, nella civiltà dell’informazione, la città ha smesso di esistere come mero luogo fisico costruito per smaterializzarsi sul territorio in un cloud di flussi di persone, merci, informazioni. Urbs e civitas, per la prima volta nella storia umana, sono completamente disgiunte: questo stato delle cose cozza con la materialità delle infrastrutture. Il cardine della nuova questione urbana è qui: l’automobile ha permesso l’urbanizzazione diffusa del territorio, il trasporto pubblico di massa non permette l’utilizzo diffuso delle città.
In questo modo l’uso del mezzo privato assume carattere di ovvietà mentre il mezzo pubblico resta relegato allo stato di costrizione: ma siccome le forze agenti sul sistema sociale sono molteplici c’è almeno una ulteriore spinta centripeta verso l’automobile. L’industria automobilistica pesa il 30% del PIL mondiale e il 17% del commercio mondiale.
La pubblicità altera la nostra percezione facendoci introiettare schemi cognitivi che finiamo con il percepire come autenticamente nostri: l’automobile rappresenta la libertà, il mezzo pubblico (e in particolare il treno) la dipendenza. L’automobile è l’iniziativa personale, il treno lo statalismo. E oggi nessuno vuole che sia lo Stato a decidere per lui.
La crisi del modello urbano Novecentesco
Il mondo contemporaneo si trova ad affrontare tre grandi sfide, rovescio della medaglia del progresso tecnologico che ha permesso alla specie umana di raggiungere una numerosità e una aspettativa di vita impensabili fino ad un secolo fa. Sfide legate all’impatto a scala planetaria delle attività antropiche e delle scelte quotidiane: il surriscaldamento climatico; il collasso della biodiversità; la perdita di suolo fertile. Vista l’inefficacia delle innumerevoli misure proposte, la proposta del biologo E.O. Wilson appare sempre più come l’unica strada da percorrere: destinare metà del pianeta agli umani e metà ad una immensa e inviolabile riserva di wilderness involabile. S’intende la metà selvaggia sarebbe una rete di vasti territori protetti o lasciati ri-naturalizzarsi: per contro i territori antropizzati andrebbero completamente riorganizzati lavorando sulla densificazione.
Il quadro attuale della mobilità italiana
La popolazione italiana è di 60.483.973 (Istat, 2018). Giornalmente compiamo 95 milioni di spostamenti e di questi il 62% lo facciamo in automobile, come autisti o passeggeri. La distanza media percorsa è di poco meno di 33 km.
Le percorrenza media (passeggeri per distanza percorsa) è la seguente:
Il costo che paghiamo per acquistare e mantenere un’automobile
Una automobile nuova ha un costo medio 15.743 euro. Il 74,2% di noi la acquista a rate ad un tasso medio del 2,8%: trattandosi di numeri medi, cautelativamente non consideriamo sovraccosti finanziari e di agenzia. Una volta acquista paghiamo bollo, assicurazione, periodiche revisioni (a 4 anni dall’acquisto poi biennali). Tra le spese fisse ci sono poi da cambiare stagionalmente gli pneumatici ed eventuali dispositivi di sicurezza supplementari (l’ultimo è il rilevatore di neonati a bordo). Su una vita media di 12 anni fanno 2.227 euro all’anno.
I costi collettivi che paghiamo per le nostre automobili
Per le automobili ci vogliono delle strade; ci vuole un codice di comportamento (il Codice della Strada) e ci vogliono segnali per indicarlo, sistemi regolazione della circolazione e agenti per far rispettare il codice. Si tratta di una serie di costi divisi tra i gestori nazionali (Anas e società di gestione delle autostrade) ed enti locali per la rete viaria comunale.
A fronte di una rete di 6.757 km di autostrade 29.218 km di strade extraurbane principali e secondarie la spesa annuale lorda per manutenzione e controllo ammonta a 11.730 euro per metro quadro. Per gli 808.275 km di altre strade la quota media è di 469 euro per metro quadro.
Per quanto riguarda i controlli l’onere in termini di risorse per poliziotti e vigili urbani mediamente impiegati per la sicurezza stradale è riassunto nella tabella seguente.
Per quanto concerne il costo del tempo impiegato dagli agenti in controlli di sicurezza, le ore di lavoro perse in caso di ferimento in un incidente oppure la monetizzazione del tempo perso per attraversare una strada si è considerato un unico valore orario di riferimento. 11,88 euro/ora per addetto, 10,64 euro/ora (al netto del tasso di disoccupazione) per il costo unitario del tempo.
Il costo dell’incidentalità
Prima di continuare: il paragrafo potrà sembrare brutalmente cinico nel trattare il tema della morte pertanto è doveroso premettere le più sentite scuse a chi, avendo avuto la sfortuna di una esperienza diretta, si sente in qualche modo offeso o denigrato.
L’incidentalità considera la perdita netta di ore di lavoro in caso di ferimento, di produttività persa sull’aspettativa media di vita in caso di decesso (attualizzandola a un tasso del 5%), la spesa per dibattimenti giudiziari e civili, le spese di detenzione in caso di condanna, l’erogazione di premi assicurativi agli interessati oppure ai familiari, il tempo produttivo perso per l’elaborazione del lutto da parte dei familiari più stretti.
Nell’incidentalità sono anche considerati i decessi medi nel quinquennio 2013-2018 indirettamente legati all’uso dell’automobile: gli infatti deceduti perché dimenticati in auto; feriti e deceduti a causa di eventi di maltempo (annegamento o per crollo di strutture adiacenti alla strada o alberature) mentre erano alla guida.
Il costo urbanistico dell’automobile
L’urbanistica a bolle impone due costi alla collettività:
- la perdita di suolo utilizzabile per rendita immobiliare;
- l’aumento della superficie impermeabilizzata (e scura, ai raggi solari).
Se non tutti i parcheggi (pubblici o privati) ricadono in aree edificabili è certo che una quota di essi avrebbe potuto essere utilizzata per produrre rendita. Per natura stessa degli standard i parcheggi pubblici sono sempre in area edificabile (o che comunque avrebbe potuto esserlo). Per quanto concerne i parcheggi privati la quota che insiste in aree potenzialmente edificabili è cautelativamente assunta entro il 5%.
Il valore di mercato perso (VMP) è calcolato sul valore medio di mercato di 3.234 euro per metro quadro: il conto totale è ripartito per ciascuna auto circolante al 2018. Ciascuna quota di VMP è ripartita per ciascun anno di vita utile e attualizzata a un tasso del 5%.
La circolazione stradale assoggetta completamente la circolazione pedonale, quella delle carrozzine, quella ciclabile e in genere che si muove utilizzando lo sforzo muscolare. Continuamente modifichiamo i nostri percorsi per attraversare in punti sicuri, attendiamo un semaforo oppure che la strada sia libera: ogni spostamento pedonale allunga il proprio percorso dell’11,4% rispetto alla situazione irreale in cui le strade fossero libere da veicoli, incontra 2,24 attraversamenti stradali attendendo 0,13 minuti prima di passare. In tutto l’assoggettamento al traffico stradale costa al pedone 1,51 minuti di tempo.
Le automobili hanno bisogno di strade e il migliore rivestimento per le strade in termini di prestazioni, durabilità e costi si è rivelato l’asfalto. Asfalto che è finito per diventare lo standard per tutti gli spazi di circolazione inclusi quelli pedonali: ma l’asfalto ha un costo ambientale del quale solo negli ultimi anni abbiamo iniziato a renderci conto. Oltre a essere un prodotto del petrolio l’asfalto è scuro: è una delle principali cause dell’effetto “isola di calore” delle aree urbane. Più calore significa due cose: più caldo in estate ma anche meno freddo in inverno. Tra risparmio potenziale di gas per il riscaldamento e consumo maggiorato di energia per il raffrescamento estivo, il bilancio è sfavorevole perché, alle nostre latitudini, il caldo risulta più aggressivo del freddo invernale.
Bilancio complessivo dei costi dell’automobile
Il costo annuale che il nostro Paese affronta per mantenere l’uso diffuso dell’automobile è di 258,8 miliardi: 206 miliardi di costi diretti per il possesso e l’uso della propria auto; 78,6 di costi sociali ripartiti. Nel conto economico generale sono detratti il gettito dai premi RC Auto e la quota del gettito del Bollo di circolazione (75%) reinvestito a livello di spesa sociale (manutenzione, polizia locale, ecc.).
Nel conto economico le spese di manutenzione stradale e di controllo della circolazione sono rapportate al peso delle percorrenze del traffico leggero sul totale delle percorrenze stradali nazionali: viene cioè detratto il contributo del traffico pesante. Si tratta di 1.792 milioni di tonnellate km rapportate a 149 milioni di vetture km pesanti ovvero 911 vetture equivalenti km adottando un coefficiente di trasposizione pari a 1 mezzo pesante da 12 t = 6,1 veicoli equivalenti.
Ciascun di noi, per la nostra automobile, spende mediamente la bellezza di 5.361 euro all’anno.
Nelle analisi costi-benefici il costo è espresso unitariamente per veicolo-km (in media 1,2 passeggeri per veicolo):
Si trova un costo complessivo di 35,6 centesimi per veicolo-km: più alto del 24% rispetto al costo di riferimento assunto dal Ministero dei Trasporti nelle ultime analisi per la valutazione degli investimenti nel trasporto pubblico. Questo scarto è in parte legato all’aver considerato costi urbanistici ed ecologici non considerati dal dato MIT e in parte da una sottostima del costo di possesso e uso per anno di vita utile (0,28 per il MIT rispetto a 0,31 euro per veicolo-km di questa analisi).
Fino a questo punto non abbiamo considerato i costi ambientali (inquinamento dell’aria e rumore) dell’uso diffuso dell’automobile. Prendendo i parametri calcolati in questo studio si trova un costo annuale lordo per le esternalità da traffico privato pari a 1,35 miliardi.
Senza dubbio sul tema delle esternalità dirette la conversione del parco verso tecnologie meno impattanti (ibride ed elettriche) avrà effetti positivi contribuendo a ridurre i costi sociali dell’inquinamento atmosferico e acustico. Ma resteranno invariati i costi urbanistici legati al consumo del suolo e all’urbanistica a bolle ovvero alla forma poco efficace delle aree urbane.
Complessivamente il costo annuale attuale della circolazione privata sale a 260,1 miliardi.
La nostra società è fondata sull’automobile: sulla possibilità di possederla (diritto che è diventato un obbligo), sulla necessità che possa essere usata in lungo e largo, sulla possibilità che tutto nelle nostre città sia assoggettato alle esigenze della nostra auto più che alle nostre esigenze. Tutto questo ha un costo annuale di 260 miliardi: per capire l’entità di questo sforzo basti pensare che la circolazione ferroviaria ha un costo lordo annuale (diretto e indiretto) di 19 miliardi mentre il trasporto pubblico locale (bus, tram e metropolitane) non supera i 10 miliardi. Precisamente utilizzando la stessa metodologia di calcolo qui adottata per la ponderazione dei costi diretti e indiretti del trasporto privato, il trasporto pubblico (e ci torneremo in un prossimo approfondimento) ha un costo economico lordo di 29,516 miliardi:
Trasporto privato > 260,142 miliardi per 582,3 miliardi di passeggeri km anno >
447 euro per 1.000 passeggeri km
Trasporto pubblico > 29,516 miliardi per 211,8 miliardi di passeggeri km anno >
139 euro per 1.000 passeggeri km
Dedichiamo all’automobile il 15% del PIL (assunto pari a 1.759 miliardi di euro) e l’1,7% al trasporto pubblico. Sicuramente c’è una distorsione di fondo con la quale dovremmo fare i conti quanto prima visto che i progressi della tecnica (automazione in primis) non ci aiuteranno affatto: una distorsione che non è da ricercare né tra le automobili e come le utilizziamo né negli altri mezzi di trasporto. Ma in come strutturiamo il territorio. E soprattutto nel modo in cui pianifichiamo le nostre città.
Risorse
> Foglio di calcolo delle esternalità dell’automobile e del trasporto pubblico
Linkopedia
Commissione UE – Analisi delle esternalità della mobilità
Emissioni climateranti della produzione di asfalto
Emissioni climalteranti – analisi del vero effettivo di una tonnellata di CO2 equivalente
Istat – Dati sulla mobilità
Istat – Archivio incidentalità
Ispra – Costi ambientali della mobilità
Rete stradale – costi di manutenzione a carico dei comuni
Rete stradale – forze di polizia locale
Urbanistica: excursus dalla pianificazione al concetto di standard
La Legge “Ponte”
DM 1444 del 2 aprile 1968
Testo coordinato della Legge “Tognoli”
Archivio giuridico sui parcheggi
Disciplina urbanistica e parcheggi
Critica urbanistica: La città e l’automobile
Le Corbusier e La maison comme une machine à habiter
Il Plan Voisin di Le Corbusier
Patrick Geddes e l’urbanistica ecologica
Intervista a Lewis Mumford (1972)
Intervista a Lewis Mumford (1964)
Urbanismo ecologico a Barcellona
Intervista a Salvador Rueda (2012)
Broadacre City e gli usoniani, Frank Lloyd Wright