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LECCE: REFERENDUM CONTRO IL FILOBUS OPPURE CONTRO IL TPL?

L'Amministrazione propone il potenziamento del filobus, l'opposizione propone un referendum contro

20 Luglio 2025
Reading Time: 13 mins read
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LECCE: REFERENDUM CONTRO IL FILOBUS OPPURE CONTRO IL TPL?
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Italico dilemma sul filobus: una tecnologia ormai passata oppure un’opportunità per la transizione ecologica del trasporto pubblico locale? Proviamo a vederci chiaro

L’Amministrazione della città di Lecce – in accordo con il Comune di Monteroni, che ospita il polo didattico Ecotekne – ha annunciato di aver trasmesso al MIT, nell’ambito della chiamata per l’Avviso numero 3 per il finanziamento dei sistemi di Trasporto Rapido di Massa, un progetto di potenziamento del sistema filoviario della città (gli elaborati sono scaricabili da questa cartella). Di tutta risposta un comitato civico, appoggiato al momento anche da parte dell’opposizione, ha proposto un referendum consultivo sul progetto.

Il sistema filoviario di Lecce

La rete filoviaria di Lecce, unica nel Sud Italia, è stata concepita agli inizi degli anni Duemila, nell’ambito dei finanziamenti previsti dalla Legge 211/1992. Nel 2005 è partita la procedura di gara vinta dal raggruppamento Sirti–Van Hool–Imet–Vossloh Kiepe, con un costo complessivo di circa 22 milioni di euro, finanziati per tre quarti dallo Stato

La prima fornitura di filobus e i lavori al bifilare risalgono al 2007, ma a causa di ritardi amministrativi – in particolare sulla nomina del Direttore dell’esercizio – il servizio è stato avviato solo nel gennaio 2012. Inizialmente operava solo la linea 29, collegando la stazione a Porta Napoli con frequenze di 16‑24 minuti. Il 2 febbraio 2013 sono entrate in esercizio le circolari (linee 30 e 31), seguite dal 2014 dalla linea 27 che porta all’Ecotekne, elettrificata solo in parte, mentre i filobus percorrevano in modalità diesel l’ultimo tratto. L’uso dell’ausiliario termico, concepito solo per spostamenti fuori servizio (deposito, emergenza) e non per l’uso in esercizio ordinario non portato buoni risultati, con un esercizio di bassa qualità nella tratta non coperta da bifilare.

Nel tempo, a causa anche di una certa sofferenza nella copertura dei costi di esercizio, si è optato per una revisione della rete: mantenere solo l’anello centrale (unificazione delle linee 30/31 come C2-C3), aumentando le frequenze e affiancando corse su gomma radiali verso i quartieri più esterni.

Attualmente l’impianto conta 12 Van Hool A330T bimodali (12 m), equipaggiati con motore diesel Euro 4 per la trazione autonoma.

Il progetto per il rilancio del filobus di Lecce

Nel maggio 2025 è stato consegnato al MIT la documentazione relativa al progetto di rinnovo e potenziamento del trasporto pubblico locale della città di Lecce, con particolare riferimento alle linee filoviarie esistenti M1, C2 e C3, alla valorizzazione della linea S13 e alla realizzazione della nuova linea R8. Gli interventi si inseriscono nell’ambito degli investimenti dedicati al Trasporto Rapido di Massa (TRM), con l’obiettivo generale di migliorare la sostenibilità del trasporto urbano, aumentare l’efficienza delle linee esistenti e creare nuove opportunità di mobilità per i cittadini e turisti.

In particolare, le principali attività di progetto riguardano:

  • Il rinnovo del parco veicolare delle linee esistenti M1, C2 e C3;
  • Il potenziamento e la valorizzazione della linea filoviaria S13;
  • La realizzazione della nuova linea filoviaria R8 (da valutare se questo intervento non rientri nell’ipotesi di potenziamento e valorizzazione della linea M1).
Corografia della rete filoviaria di progetto

Gli studi di domanda mostrano che un potenziamento dell’offerta in termini di posti offerti e della qualità di servizi avrebbe ampio margine di crescita degli utenti considerando gli scarsi numeri attuali rispetto al totale degli spostamenti generati dalla città di Lecce (94.265 ab.) e dalla sua conurbazione (289.274 ab.). Passando dall’1,5% attuale al 5,7% e tendenzialmente al 10% dei 516.800 spostamenti per giorno feriale, i passeggeri sulla rete filoviaria passerebbero dagli attuali 2.900 a poco meno di 24.000.

Analisi comparativa tra l’alternativa di bus elettrici e la filovia

L’analisi considera le seguenti alternative per la ricarica dei veicoli:

  • Scenario (1), bus elettrici con sistema di ricarica lenta in deposito e/o aree specificatamente attrezzate;

  • Scenario (2), bus elettrici con sistema di ricarica rapida ai capolinea, nelle due eventuali alternative top-down con pistola a baionetta che scende lato terra dal portale al veicolo oppure bottom-up con pantografo che dal veicolo sale al portale di ricarica a terra.

  • Mantenimento e potenziamento del sistema filoviario

L’analisi è di tipo differenziale, ovvero considera il flusso di cassa finanziario differenziale (in maggiorazione di costo oppure risparmio) che si avrebbe adottando

  • lo scenario (2) di ricarica rapida rispetto allo scenario di riferimento (1) di ricarica lenta (notturna in deposito e interturno, presso i ricoveri ausiliari adiacenti ai capolinea);
  • il mantenimento del sistema filoviario rispetto al migliore dei due precedenti scenari, per l’offerta di progetto corrispondente allo scenario di riferimento (1).

I costi di miglioramento delle sedi, con riservazione e cordoli per la separazione con il resto del traffico stradale e l’asservimento semaforico per dare priorità alle intersezioni più grandi e garantire maggiori velocità di esercizio e regolarità del servizio sono assunti invarianti nei tre scenari pertanto non rilevanti ai fini dell’analisi differenziale.

Gli apparati di alimentazione elettrica di una filovia non sono, come invece molti credono, per nulla simili a quelli di alimentazione delle stazioni di ricarica per bus elettrici. A prescindere dalla tecnologia – ricarica lenta, veloce, ultrarapida – le sottostazioni di un parco di bus elettrici hanno un servizio discontinuo rispetto al filobus che invece è sempre alimentato, e devono esplitare potenze istantanee nettamente maggiori: ricordando che anche i filobus moderni adottano batterie di bordo in sostituzione dei vecchi motori ausiliari diesel, la ricarica di queste batterie avviene gradualmente lungo-linea quindi potenze molto inferiori di quelle che invece devono essere raggiunte per i bus elettrici per contingentare i tempi di ricarica (quando non si sta lavorando solo con ricariche notturne in deposito). Rimando alla metodologia dello studio per maggiori dettagli, basti sapere che gli apparati di alimentazione di un sistema di bus elettrici sono molto più sollecitati di quelli di un sistema filoviario, con frequenti cicli di pausa e picchi elevati di potenza istantanea: questo diverso funzionamento ha ripercussione sui costi di mantenimento in esercizio e manutenzione e sulla relativa vita media.

Per il caso di Lecce, sia l’analisi finanziaria che quella economica, confermano che la scelta di mantenere e potenziare il sistema come filovia rappresenta la scelta più efficace nel coniugare il potenziamento dell’offerta di trasporto pubblico per l’area urbana leccese con quella di elettrificazione delle reti di mobilità.

Le tabelle di dettaglio dell’analisi comparativa finanziaria ed economica sono consultabili in libero accesso in questo repositorio.

Uno sguardo all’estero

Diciamolo chiaramente: il filobus in Italia non se la passa per nulla bene. Con l’eccezione di Milano, La Spezia, Modena, Parma e Rimini altrove l’esercizio filoviario nel migliore dei casi procede a fatica e con poca convizione quasi fosse una tassa dovuta a un certo ambientalismo tra un’offerta a singhiozzo (a Bologna per dire bifilare a riposo nei fine settimana e in estate) e gli immancabili servizi sostitutivi. E la situazione è peggiore proprio nelle piccole e medie città, dove il filobus avrebbe certamente più da dire: a Cremona il filobus viene smantellato nel 2002 per i più moderni bus elettrici; in attesa degli Assi di forza genovesi la Riviera dei Fiori smantella il bifilare nel 2024 sempre per futuribili servizi elettrici (come se i filobus andassero a carbone…); ad Ancona nonostante gli annunci i mezzi in circolazione continuano a contarsi sulla punta di una mano; a Pescara la filovia per Montesilvano ha atteso quasi 15 anni di essere autorizzata all’esercizio; a L’Aquila l’assurdo progetto del Translohr, completato per quasi il 70%, avrebbe potuto essere convertito in filovia ma si è preferito smantellarlo; a Roma il filobus resta nel limbo tra grandi previsioni PUMS e una quotidianità faticosa, a dir poco; ad Avellino non si riesce a partire; a Bari si realizza un nuovo BRT ma la filovia funzionante per Ceglie viene smantellata.

Problemi legati alla tecnologia? Lo stato di salute e gli investimenti confermati per le reti dell’Europa centrale e orientale sembrerebbero dire il contrario: Lucerna, 70 mezzi; Zurigo 80; Losanna 70; Ginevra 110; Salisburgo, 80; Solingen 50 e Lione 135 per citarne alcune. La stessa Milano ha in servizio un parco di 131 unità utilizzate tutte su linee ad alta frequenza. Si confronti però il modello di esercizio tipicamente adottato nelle reti italiane – dove non è una eccezione la sostituzione con autobus nottetempo, nelle festività e in numerose altre occasioni – con quello di Eberswalde, città del Brandeburgo, 50 km a nordest di Berlino, con una popolazione di circa 44 mila abitanti dove i 20 filobus in esercizio circolano sempre, in qualunque condizione.

Rimandando per approfondimenti a questa ricerca presentata al Convegno nazionale Sistema Gomma del 2018, il filobus quando utilizzato bene e sempre (gli impianti fissi si ripagano con l’uso e più si usano più sono convenienti) può essere più economico degli autobus ordinari.

L’efficacia nell’esercizio filoviario si raggiunge più che nell’ampiezza del parco rotabile in sé, nell’adozione di mezzi con maggiore capacità. Il filobus (inteso con alimentazione a bifilare) mostra migliori performance quando:

  • in città di medie dimensioni è adottato come sistema portante sulle direttrici a maggiore domanda e comunque compresa almeno tra 5.000 e 10.000 passeggeri per giorno feriale;
  • nelle grandi città è adottato come sistema complementare di adduzione alla rete portante su ferro (metropolitane, ferrovie suburbane o tramvie).

Il costo unitario di produzione per posto km filoviario tende ad essere più conveniente degli altri mezzi su gomma a trazione endotermica oppure elettrici a batterie quando aumentano le ore di servizio annuali. Paradigmatico che la rete di Salisburgo, dove la rete filoviaria assolve quasi completamente al trasporto pubblico locale incluso il servizio notturno, il costo di produzione sia considerevolmente più basso della media di costo in parità di potere d’acquisto (si veda ancora qui): 4.947 euro per 1.000 vetture km contro una media di 7.091 euro.

Tra il grande progetto in corso di riportare il filobus a Praga e quello proposto per il distretto di Spandau a Berlino, recentemente abbandonato dal senato locale per concentrarsi sul potenziamento del servizio tramviario, ci sono in Europa moltissimi casi di studio che varrebbe la pena di conoscere: tra questi la rete della piccola città ceca di Plzen (187.928 ab.) è un vero e proprio abecedario del buon trasporto. 10 linee e 93,2 km di servizi; un parco di 102 tra filobus e filosnodati; 4,5 milioni di km percorsi ogni anno; 31,9 milioni di passeggeri l’anno, 107.880 passeggeri per giorno feriale. Le immagini che seguono (per le quali si ringrazia Zdeněk Kresa, della pagina plzensketrolejbusy) mostrano momenti di quotidiana normalità filoviaria di una rete che funziona sempre (i servizi sostitutivi con mezzi termici non esistono) con un costo (al valore italiano di potere d’acquisto) di 5,081 euro per km prodotto.

Filobus tecnologia passata… oppure malprogettata?

Il progetto di un moderno sistema filoviario si basa su concetti antichi, affrontati in un’ottica totalmente nuova. Non si tratta di progettare semplicemente una nuova linea di trasporto pubblico, ma di elaborare un progetto di trasporto urbano, che permetta di riprogettare interi brani di città.

Il tracciamento della nuova infrastruttura, il disegno della via di corsa assieme a quello dei nodi di scambio, affrontato al di là dei limiti puramente funzionali di un programma di trasporto, può contribuire a ricostituire luoghi urbani e addirittura crearne di nuovi.

Nonostante il filobus sia un sistema di trasporto elettrico quindi senza emissioni nocive in loco e con un livello acustico nettamente inferiore a quello dei veicoli a trazione termica, può generare delle reazioni avverse – più o meno giustificabili – principalmente legate all’invasività della rete di alimentazione aerea. Risulta pertanto fondamentale che la progettazione sia condotta seguendo le peculiarità della trazione filoviaria: troppo spesso la pesantezza delle realizzazioni deriva dall’aver applicato norme e consuetudini proprie di altri sistemi (dal tram o addirittura dalla ferrovia).

Tabella di confronto con i pali di sostegno più in uso (la denominazione è quella ferroviaria, più conosciuta) dove il prefisso M indica palo rastremato, P indica il palo poligonale: si vede chiaramente come il palo poligonale sia più impattante a parità di capacità portante

Si comincia dai pali di sostegno: la sezione cilindrica rastremata (tipo ex Dalmine) ora viene prodotta con uno spessore di 12 mm. Un diametro Ø219 ha la stessa resistenza in testa superiore a quella di un palo a sezione poligonale Ø350: un palo con una radice più spessa del 40% e magari di colore nero ha un impatto nettamente diverso di un palo più snello e magari di colore chiaro.

Le nuove mensole in fibra di vetro sono da preferire per due motivi: perché naturalmente isolate e quindi senza necessità di inserire un isolatore all’attacco con il palo; perché sufficientemente resistenti da sostenere il bifilare di entrambe le corsie con un palo su un solo lato. Ove le dimensioni della strada lo permettono si può realizzare un cordolo spartitraffico a bordi arrotondati e inserire un palo centrale: la mensola si sdoppia, una per lato, ma con una luce dimezzata ed un prezzo inferiore.

Esempio di ottimizzazione della struttura di sostegno. A sinistra sospensione con mensole di sostegno e 5 pali centrali. A destra cavi a pendolo e rompitratta sospesi: i pali sono sempre 5 ma la disposizione fa sì che l’impatto visivo sia nettamente inferiore
Ottimizzazione della triangolazione in una curva urbana. A sinistra 6 traversi a 15° e 5 pali; a destra 3 traversi a 30° ed un palo in meno

Per quanto riguarda le sospensioni, al tipo rigido meglio quella a delta (con luci da 28 metri), oppure il trapezio articolato con pendini che (in zona di carico nivale A) permette luci sino a 35 metri.

La sezione dei fili di contatto (anche ai sensi della EN 50119) può essere Ø100 mm (ad esempio Bologna o Milano) piuttosto che Ø120 mm (come nelle recenti realizzazioni di Avellino e Lecce): una maggiorazione del 20% dettata da abitudini tranviarie – dove l’unico filo di contatto ha quasi sempre sezione Ø110/120 – che comporta una maggiorazione dei costi ed una maggiore visibilità della rete aerea.

Tabella di confronto secondo il carico di rottura ai sensi della EN 50119. Si evince chiaramente che, a fronte di un costo minore ma di maggiori costi di manutenzione, la fibra sintetica (tipo Parafil o simili) ha spessori maggiori e quindi un maggior impatto visivo

Sempre a proposito dei fili di contatto il dubbio è acciaio o fibra sintetica?  La fibra sintetica costa meno ed è di veloce montaggio mentre l’acciaio necessita di tempi più lunghi e maestranze specializzate. Ma l’acciaio ha una maggiore resistenza specifica ed una vita media più lunga: a fronte di un risparmio economico di circa il 40%, l’acciaio ha una durata di 30 anni contro un massimo di 15 anni della fibra sintetica che presenta un costante decadimento delle caratteristiche prestazionali. La fibra sintetica tende infatti a rilassarsi piuttosto velocemente con l’insorgenza di microlesioni. Nonostante la fibra sintetica non necessiti di isolatori in giornate umide le microlesioni possono raccogliere particelle d’acqua con conseguente circolazione di microcorrenti.

Esempio di sostegni a losanga e fili in acciaio con campate extra-lunghe

La resistenza è il fattore più importante da tenere in considerazione nella valutazione: un filo d’acciaio da 8 mm ha lo stesso carico di rottura di uno sintetico da 13 mm. Il 60% di spessore in più ed una colorazione nera lo rendono sicuramente più impattante.

In caso di diramazioni gli scambi automatici sono da preferire rispetto a quelli tradizionali: installati a Modena nel 2012 su progetto dell’ing. Paolo Messina, tra i maggiori esperti filoviaristi italiani di sempre, hanno ridotto i costi di esercizio del 10% senza alcun problema di manutenzione.

Per quanto riguarda le sottostazioni elettriche, seppure allettanti dal punto di vista estetico, sono sconsigliate quelle interrate (specie in zone di falda subsuperficiale). Quelle compatte rendono difficoltosa la manutenzione e risultano complessivamente meno sicure di quelle tradizionali. In ogni caso dovranno essere dotate di un sistema antintrusione e antincendio con rilevatori di fiamma (ad infrarossi) e fumi collegati alla centrale di controllo della linea. Gli interruttori dovranno essere preferibilmente all’esafluoruro di zolfo, tra i più sicuri anche con le medie tensioni.

Infine, per la sicurezza della linea – in caso di rottura del filo di tensione e caduta a terra l’extrarapido non stacca perché il filo va a contatto con la terra umida e quindi inizia a saettare sfiammando – è bene realizzare maglie equipotenziali larghe 300/350 metri collegate ad un misuratore di impedenza che, nel caso di rottura del filo, attiva l’extrarapido.

E quindi filobus!

Esigere che le Amministrazioni condividano con la cittadinanza la progettualità sul trasporto pubblico (e non solo) è un diritto necessario ma contestare acriticamente i progetti spesso, anche quando in buona fede, rischia di prestare il fianco a chi non aspetta altro che tagliare i servizi pubblici per dirottare le risorse su interessi e progetti privati. Emblematico è il caso statunitense della guerra dei fratelli Koch contro le nuove proposte di tramvie e busvie: il gruppo Koch è il secondo gruppo industriale USA dopo Cargill, con 122.000 dipendenti in 60 Paesi, 132 miliardi di $ di fatturato (2023) e 55 miliardi di $ di utile netto (2023). Lavorando nel campo dello sfruttamento di fossili da scisti e sabbie bituminose il gruppo ha un certo interesse nel mantenere lo status-quo delle abitudini di mobilità dei cittadini statunitensi e che le amministrazioni mantengano i loro classici paradigmi urbanistici energivori: si veda per esempio: AZMirror, 2019; AZMirror, 2019; Guardian, 2019 Opensecret, 2021.

La guerra dei fratelli Koch al trasporto pubblico statunitense
La città di Memphis è tra quelle maggiormente colpite dall’azione mediatica Koch: nel maggio 2025 ha rischiato di vedere sospeso per sempre il servizio di trasporto pubblico

La questione bus elettrico versus filobus, così come quella del filobus/bus elettrico versus tram è del tutto malposta. Le tecnologie intermedie, cioé quelle che hanno una capacità compresa tra quelle dei servizi autobus ordinari e quelle dei servizi di metropolitane o ferrovie, hanno ognuna un proprio campo di applicazione come abbiamo dettagliato in questo modello comparativo.

 

La piramide della sicurezza per ricordare le giuste priorità

Quindi, ricordando che la tecnologia deve sempre essere un mezzo e non un fine, la scelta tra bus elettrici, filobus e tram va ponderata di progetto in progetto, sulle peculiarità del luogo nel quale andranno a operare: l’importante è togliersi dalla testa gli slogan pubblicitari e ragionare sulla realtà tecnica delle cose e sull’obiettivo di avere un trasporto pubblico che applichi la tecnologia più efficiente nel modo più efficace.

Risorse utili

Metodologia utilizzata per l’analisi comparitiva Bus elettrico vs. Filobus

Tabelle editabili dell’analisi comparativa Bus elettrico vs. Filobus sul caso di Lecce

 


 

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