Diventa sempre più cupo il quadro intorno al tram di Mestre, dopo l’incidente del 2 ottobre 2011 che ha comportato lo stop del servizio. Oltre 90 novanta giorni di stop per un servizio che, lungi dall’essere completato, era utilizzato da circa 15mila passeggeri al giorno. Martedì 2 ottobre, poco prima delle 8, uno dei cavi della linea aerea ha ceduto, strappandosi all’altezza di piazza Barche: il sistema di controllo ravvisando un cortocircuito, ha immediatamente sospeso l’erogazione dell’energia al sistema. Se inizialmente si pensava ad un passaggio azzardato di un mezzo stradale eccedente la sagoma ordinaria, si è poi scoperto che si è trattato di un collasso strutturale di uno dei cavi di sostegno della rete aerea.
Al riguardo, sia Mestre che Padova utilizzano la stessa tecnologia di tram su gomma, ma una rete aerea differente. A Mestre, il sistema utilizza meno pali (interasse medio di 35 m) ed è provvisto di una regolazione automatica che interviene per garantire la corretta tensione dei cavi stessi: una soluzione tecnica che tiene conto del fatto che in viale San Marco, a Mestre, e poi sul Ponte della Libertà per problemi di spazi limitati e convivenza con la viabilità ordinaria non è possibile piantare pali di sostegno dei cavi delle linee aeree troppo ravvicinati uno all’altro. Al contrario a Padova, dove, tranne Prato della Valle, non sono state fatte prescrizioni sull’interasse dei pali si è optato per un sistema con più pali per sostenere i cavi distanti uno dall’altro non più di 20 metri e più ganci di tenuta in tensione. Ne conseguono carichi più bassi da sopportare. Il problema va oltre l’interasse delle campate: a Mestre, in curva oppure in corrispondenza delle risalite di alimentazione (la linea elettrica portante viaggia a terra e alimenta la linea aerea tramite delle prese cadenzate, le risalite appunto) i tiranti di sostegno hanno luci anche di 40 metri. Il cedimento del 2 ottobre si è verificato presso piazza Barche, dove il tracciato tranviario provenendo da via Ca’ Rossa curva a 90° per immettersi in via Sarpi e proseguire verso la stazione di Mestre. Qui durante una delle nostre visite successive all’inaugurazione avevamo già notato dei tiranti della poligonale della linea aerea particolarmente tesi, tanto da restare immobili al transito dei veicoli: a un osservatore attento questo già avrebbe dovuto tradire una mancanza di elasticità ovvero una riserva elastica eccessivamente ridotta. Mancanza di elasticità che, alle normali tensioni di lavoro se associate a cimenti addizionali (dilatazione/contrazione termica, eccessive sollecitazioni verticali, sbilanciamento della ripartizione dei carichi) può portare al superamento del carico di rottura.
Come proposta migliorativa PMV e ATI optano per una sostituzione di 500 tiranti: al posto di quelli in kevlar se ne installano del tipo Parafil maggiormente resistenti: cavi d’acciaio armonico rivestiti da una camicia in resine sintetiche. Implicitamente si ammette l’errore e si cerca di ovviare: la sostituzione dei tiranti con un sistema più resistente (più resistenti di circa 3,5 volte) è accettata da Ustif che all’ATI chiede anche di procedere con non meno di 50 prove di tenuta statica alla rete elettrica aerea. ACTV ha fretta di riprendere il servizio perché tenere i tram in garage costa, così come costa il servizio bus sostitutivo (circa 9.500€ al giorno), sia perché tra luglio e agosto 2013, il servizio sarebbe stato comunque sospeso per consentire i lavori in piazza Cialdini. Ma le cose continuano a non andare: lo scorso lunedì, dopo cinque ore di riunione, nella sede di Bologna, l’USTIF ha chiesto, sulla scorta di recenti normative in materia di sicurezza, ulteriore documentazione sulla resistenza dei pali. PMV, la società comunale che gestisce la realizzazione del tram, ha girato la richiesta all’ATI che a sua volta si è impegnata a redigere entro pochi giorni una relazione più esaustiva. Il confronto è in corso, ma il servizio sicuramente non riprenderà prima del 28 gennaio.
Intanto è stata approvata la decisione su quale sarà il capolinea veneziano del tram: piazzale Roma, come detto in un primo momento e poi, in seconda battuta, San Basilio, per servire l’Università. I lavori dureranno 18 mesi e comporteranno restringimenti di carreggiata sul Ponte della Libertà per la realizzazione della corsia centrale: inevitabili i malumori che, a cantieri non ancora aperti, si stanno diffondendo tra i pendolari.
Certo è che la presenza di un cospicuo fascio ferroviario, e di numerosi raccordi merci ormai inutilizzati, avrebbe richiesto qualche riflessione in più circa l’adozione di una tecnologia su gomma in luogo di quella più tradizionale su ferro. Adottare tecnologie “innovative” comporta certo dei vantaggi ma non bisogna mai trascurare i benefici derivanti dall’utilizzare sistemi più che rodati come il tanto vituperato tram su ferro e maggiormente “compatibili” con le pre-esistenze. Si sarebbe potuto giungere a Santa Lucia, utilizzando almeno una delle sedi merci presenti e si sarebbe potuto controllare meglio le performance della rete aerea: un sistema su gomma, per quanto vincolato, genera maggiori sollecitazioni verticali durante la marcia. Per quanto si voglia, il contatto gomma/via di corsa non sarà mai così lineare come quello ferro/rotaia: a Parigi, sulla T3 dei Marechaux la linea aerea è sostenuta da pali a interassi di 33 m e i tiranti toccano anche lì i 50 m, eppure non si è mai verificato alcun cedimento in oltre 6 anni di esercizio. Ancora una volta, viene da dire se fosse stato ferro.