Meno 20% in Veneto, meno 13% nelle Marche, meno 12% in Liguria, meno 10% in Abruzzo e Campania: ecco solo alcuni numeri relativi ai tagli dei treni per i pendolari attuati nel 2011 nelle Regioni italiane che pure, negli ultimi due anni hanno visto aumentare le schiere degli utenti (+ 7,8%) raggiungendo quota 2 milioni e 830 mila. Numeri enormi che illustrano senza equivoci la misura in cui il disagio e le difficoltà per chi ogni giorno ha necessità di muoversi per raggiungere il proprio posto di lavoro o studio aumenteranno. “I tagli ai treni pendolari devono essere assolutamente fermati – ha dichiarato Edoardo Zanchini, vice presidente di Legambiente – non è possibile accettare che un servizio utilizzato ogni giorno da quasi 3 milioni di persone sia abbandonato al degrado e all’incuria. Chiediamo a Governo e Regioni di cambiare direzione e di guardare finalmente alle città come priorità per gli investimenti nelle infrastrutture, comprando treni e potenziando il servizio. E non si provi a rispondere che è una questione di risorse perché ogni anno si spendono diversi miliardi di Euro solo per soddisfare le richieste delle lobby delle grandi opere e dell’autotrasporto. Investire sui treni pendolari è la migliore risposta che si può dare ai cittadini e alle famiglie in un momento di crisi e alle città italiane oggi strette in una morsa di traffico e inquinamento”. In tema di investimenti e infrastrutture va sottolineato che da oltre dieci anni gli investimenti statali e regionali premiano la strada a danno della ferrovia. A leggere i dati di quanto finanziato dal 2002 al 2011 suddiviso tra strade, ferrovie, metropolitane sembra esserci stata una precisa strategia della mobilità che ha puntato a far crescere il traffico su gomma. I finanziamenti da parte dei Governi che si sono succeduti in questo decennio hanno infatti premiato per il 72,1% gli investimenti in strade e autostrade. Ben poca cosa è stato il finanziamento per le reti metropolitane (appena il 15,4% degli stanziamenti per opere infrastrutturali), mentre la situazione più drammatica rimane quella delle ferrovie, con il solo 12,5% degli investimenti totali. In termini assoluti le infrastrutture stradali sfiorano quindi la quota faraonica di 60 miliardi di euro, contro i 12,7 ed i 10 di metropolitane e ferrovie. Ma anche le Regioni, in questi anni, non sono state da meno nel privilegiare con i propri investimenti le infrastrutture stradali a cui è stato destinato il 61% delle risorse. Quando si è trattato di scegliere dove investire le proprie risorse tutte le Regioni hanno abbondantemente favorito gli investimenti stradali. A completare il quadro negativo della situazione italiana è il confronto (impietoso) col resto d’Europa. La condizione infrastrutturale italiana è innegabilmente arretrata, ma il punto più critico è rappresentato dalla rete di metropolitane delle città italiane dove, con soli 176 km, il nostro Paese si colloca all’ultimo posto in valore assoluto, aumentando costantemente la distanza rispetto alle altre nazioni europee (fatta 100 la media europea l’Italia rimane ferma a 38,8). Lo stesso discorso vale per le ferrovie suburbane che contano in totale 595,7 km di estensione, lontanissimi dai 2.033 km della Germania e dai 1.770 della Gran Bretagna, con evidente e grave disagio per alcuni milioni di cittadini quotidianamente svantaggiati rispetto ai “colleghi” europei. Scarica il pdf con il rapporto cliccando qui