Secondo l’analisi presentata da Federmobilità, nel corso del Forum sui trasporti svoltosi a Roma, emerge che la ferrovia dal 2000 al 2007 ha perso 1,2 miliardi di viaggiatori/km, circa lo 0,3% all’anno a fronte dello 0,1% del trasporto stradale (9 miliardi di passeggeri ), mentre il trasporto aereo è continuato a crescere con un ritmo sostenuto (3,9%annuo) soprattutto se si considera la congiuntura economica negativa. La quota di viaggiatori su ferro in Italia (5,7%) la più bassa tra i grandi Paesi europei: guidano la classifica Francia (8,9%), Germania (8,1%) e Regno Unito (6,6%). Questi dati risentono di due fattori: bassa dotazione infrastrutturale (282 km per milione di ab., contro i 481 della Francia e i 412 della Germania) ma anche della mancata integrazione tra i servizi di alto livello (rete AV) e quelli locali. L’ennesimo riscontro che alla mancanza di una politica nazionale dei trasporti capace di coniugare sapientemente i progetti di maggiore rilevanza (come la dorsale AV) con il territorio (reti regionali e sistemi locali di mobilità) non si può rispondere con singoli interventi puntuali ma con azioni strategiche di ampio respiro. Se si considera che l’Italia – tra Spagna, Francia, Germania e Gran Bretagna – è, insieme a quest’ultima, il Paese maggiormente urbanizzato e quindi quello che “naturalmente” dovrebbe caricare meglio le proprie linee ferroviarie a differenza di Spagna e Francia che presentano vasti spazi rurali con densità bassissime, emerge in maniera ancora più evidente che, se non si avvia una seria campagna nazionale di pianificazione strategica della mobilità nelle grandi e medie aree urbane il Paese non uscirà mai dalla crisi attuale. Se la congiuntura negativa ha radici sovranazionali, è dall’ambito locale che deve partire la spinta per ripartire: se le città italiane non torneranno ad essere competitive e strategiche, l’Italia stessa non sarà mai competitiva e strategica in un mondo sempre più globalizzato. E quale slancio può avere un Paese fatto di città (8 abitanti su 10 abitano in aree urbane concentrate nel 36% della superficie territoriale) zavorrato, in termini di esternalità e mancata redditività, da un unico modello di città dove l’85% degli spostamenti avviene con mezzo privato? Quale resistenza può offrire a un qualsiasi input negativo dall’esterno?
Per comprendere meglio i cluster urbani e aree metropolitane italiane vi invitiamo a scaricare i dati aggiornati al 2011 elaborati da iBinari-CityRailways che trovate a questo link