“A livello europeo nel settore ferroviario c’è una disomogeneità drammatica fra i singoli Paesi, con l’Italia che in termini di regole del gioco è il paese più liberalizzato”. Lo ha detto l’amministratore delegato di FS Italiane e Presidente del CER, Mauro Moretti, nel corso dell’audizione alla Commissione Affari Europei del Senato. Il top manager distingue in Europa un primo gruppo di Paesi (come Francia, Spagna, Olanda) che non assicurano l’apertura del settore ferroviario, e un secondo gruppo di Paesi (Germania, Regno Unito e Italia) che “Hanno aperto in tutti i settori”, dalle merci ai passeggeri, e lo hanno fatto “Volontariamente, perché non c’è nessun obbligo europeo”. Rispetto a Germania e Gran Bretagna, in più, “Solo in Italia c’è un’imposizione a dover fare gare per il trasporto regionale”.
“In Francia ad esempio – ha evidenziato Moretti – non c’è nessuno tipo di liberalizzazione nazionale o regionale sul trasporto passeggeri. Come Trenitalia abbiamo cercato di entrare non solo con i treni notte, ma anche con l’Alta Velocità. Sui primi siamo entrati solo parzialmente, sui secondi non ci hanno fatto entrare: abbiamo protestato presso l’Ue – ha proseguito – e abbiamo avuto una risposta dal vice presidente Kallas, il quale ha riconosciuto che in Francia non c’è ancora un regolamento attuativo che dica ad esempio dove possiamo fermarci in un percorso fra Milano e Parigi, che è impossibile da fare senza fermate intermedie se non si vuole viaggiare con i treni vuoti”.
L’ad del Gruppo FS ha dunque rappresentato al Parlamento italiano l’esigenza di omogeneizzare le esperienze dei singoli Stati europei, perché nei Paesi che hanno aperto il settore “Non si può tornare indietro, ma tutti devono andare avanti. Si deve liberalizzare anche nei paesi che non hanno liberalizzato, se non anche a livello regionale, almeno a livello nazionale”.
Moretti ha poi voluto evidenziare che nei Paesi che hanno adottato una liberalizzazione senza regole anche con lo scorporo della rete, le conseguenze sono state un aumento dei costi per i cittadini e per lo Stato, e la scomparsa dell’industria ferroviaria nazionale. Parlando delle vicende che riguardano Ansaldo Sts e Ansaldo Breda (Gruppo Finmeccanica) e del rischio che il sistema Italia perda queste esperienze industriali, il top manager ha parlato della necessità di “Capire se si vuole rinunciare a una parte di industria oppure no. Personalmente – ha poi proseguito – penso sia una cosa sbagliata, perché bisogna continuare a investire nei sistemi tecnologici legati allo sviluppo delle reti”.
L’ad di FS Italiane ha ricordato di aver ereditato un Gruppo con 2,115 miliardi di perdite. “Il Gruppo era fallito, nel senso che il certificatore di bilancio aveva detto che non firmava più per la continuità aziendale. Oggi capisco che forse abbiamo fatto troppo per rimettere in sesto l’azienda, ma da qui al fatto che con le poche risorse pensiamo a fare voli pindarici ne corre”. Moretti ha anche respinto le critiche di chi dice che le Ferrovie Italiane destinano risorse solo all’Alta Velocità, e non ai treni dei pendolari, dicendo che “se non avessimo le Frecce, che ricavano soldi dal mercato e mettono a disposizione qualche centinaio di milioni, noi quei servizi li avremmo chiusi e non ci sarebbe nessun altro che li terrebbe aperti”.