Il tunnel della Valsusa è l’opera principale della linea ad Alta Capacità che unirà Torino a Lione: si tratta di un’opera importante perché aprirà a passeggeri e merci l’opportunità di transitare a sud della Baviera per andare dalla Francia verso l’Europa dell’Est. Il progetto (trovate qui informazioni più dettagliate) vede la cosidetta “galleria di base” sotto al massiccio d’Ambin, con una lunghezza di 57 km, come l’opera più importante di tutto il progetto. Si tratta del secondo tunnel ferroviario più lungo del mondo dopo la galleria di base del “San Gottardo”, che la Svizzera sta costruendo poco oltre il confine italiano, e aprirà all’Alta Velocità italiana la porta nord dell’Europa, passando per Zurigo, Basilea e Monaco. La galleria del Gottardo, cuore del progetto Alpetransit è fondamentale a detta di tutti gli analisti. Ha un costo di 31 miliardi di franchi, ovvero 27 miliardi di euro: un costo sostenuto quasi per intero dai cittadini elvetici che, a seguita di una consultazione referendaria, hanno accettato un’accise aggiuntiva sulle merci proprio per finanziare l’opera.
Il tunnel base della Torino-Lione ha un costo di 17 miliardi di € su un costo totale della linea pari a 35 miliardi di €: i costi di competenza italiana sono stimati sui 17 miliardi di euro, che diventerebbero 25 se i lavori subissero gli incrementi subiti dal resto delle tratte AV realizzate o in via di completamento. Sono diversi gli analisti che ritengono l’opera poco utile, prima di tutto perché l’attuale linea ferroviaria Torino-Modane-Lione è utilizzata solo per il 20% della capacità. Senza entrare nel merito, non si può non notare che si costruirebbe una grande porta, per entrare in una casa tutta da ristrutturare per non dire fatiscente.
L’Alta Capacità in Pianura Padana si fermerà a Brescia, senza arrivare verso il Friuli e la Slovenia. RFI ha poi dismesso tutti i medi e piccoli scali, facendo intendere quanto punti allo spostamento delle merci su ferrovia nel medio e lungo periodo. La stessa bozza del decreto sviluppo in discussione, quanto alla progettazione di linee ad alta velocità per le merci (in Italia, unico caso in Europa, l’AV è sempre anche AC) mette un freno a questo ossimoro, parlando addirittura di “Overdesign” – ancora un donabbondismo, nient’altro che “sovraproggettazione” – lasciando intendere che si sia trattato di sovraccosti senza ritorno economico per la rete già in esercizio. D’altro canto se si dismettono i piccoli e medi scali ferroviari dove dovrebbero andare le merci? E così va anche all’estero: i treni merci che passerebbero sotto il tunnel della Torino-Lione troverebbero limitazione nell’accesso alla rete AV francese, che non è tutta ad Alta Capacità e solo alcune linee verso la Germania lo sono. Se la rete francese AV punta all’Alta Capacità sono nel lungo periodo 2030-2040, e la terminazione verso est del corridoio Lisbona-Kijev è ben lungi dall’essere progettata, ci sarebbero modi migliori per impiegare 25 miliardi di € nel breve periodo, incrementando il PIL e magari utilizzando i guadagni per lavorare all’asse Lione-Trieste nel prossimo decennio?
La risposta è si.
L’azienda Italia ha bisogno di ripartire e lavorare solo sulle porte di accesso non garantirà certo la ripresa dell’economia locale (forma vs. sostanza). Perché una casa fatiscente non ridiventa accogliente mettendo porte e finestre più grandi né un’automobile ferma può rimettersi in moto con portiere nuove. C’é bisogno di un motore nuovo, e il motore di un Paese sono le città. Città funzionali rimettono in moto le persone e le persone rimettono in moto le idee che rimettono in moto il PIL.
Si pensi che il Paese sta perdendo quota anche nelle classifiche del numero di arrivi annui di turisti: non si è fuori strada se tra gli indiziati non si inserissero le difficoltà di spostamento e i costi sostenuti per spostarsi all’interno dei centri storici e tra città e aree turistiche. Secondo il Forum Economico Mondiale, l’Italia, pur essendo uno dei primi 4 Paesi al mondo per ricchezza del patrimonio artistico, è solo al 27 posto per competitività turistica dietro Svizzera, Germania, Francia, e Paesi come Islanda, Australia, Austria o Nuova Zelanda. Turismo che per l’Italia è una delle prime voci del comparto produttivo.
Nell’ultima pubblicazione disponibile sul sito si dimostra che in una singola area urbana, un incremento del 10% della quota modale del trasporto pubblico locale, può aumentare il PIL di quella città dell’1,5%.
L’Italia (scarica pdf) ospita 28 aree urbane con più di 200mila abitanti: tutte queste aree al 1 gennaio 2011 ospitavano 24,2 milioni di abitanti su un territorio di soli 16mila kmq. Si tratta del 39% della popolazione che vive in appena il 5% della superficie del Paese. Ogni giorno il 5% del territorio genera circa 41,1 milioni di spostamenti: di questi appena 3,7 milioni (meno del 9%) si svolgono con il TPL, il resto avviene con il mezzo proprio. Questi spostamenti che hanno un costo insostenibile per la comunità – costi sanitari, sociali e ambientali – lo stanno diventando anche, nel piccolo, per i cittadini perché la mobilità incide per oltre il 33% sulla spesa media mensile (ISTAT). Se l’obiettivo del pareggio di bilancio impone di individuare e fermare tutte quelle cause che pesano sulla sanità pubblica (inquinamento e incidenti stradali pesano sulla spesa sanitaria per oltre il 40%) gli sforzi richiesti ai cittadini per il risanamento potrebbero rivelarsi insostenibili se la spesa mensile continuerà ad essere governata dal costo del carburante e della mobilità in genere.
Realizzare il piano indicato nel nostro progetto per la città di Roma avrebbe un costo di 3,5 miliardi di euro (3 linee di metro, 5 nuove linee di tram e 4 nuove linee suburbane). La realizzazione della linea 4 di Milano, il completamento della linea 5 e la sua estensione sino a Magenta avrebbero un costo di 4 miliardi di euro. La linea 2 di Torino ha un costo di 1,3 miliardi di euro. Il completamento del Piano del Trasporto di Napoli, delle 10 linee, avrebbe un costo di 1,8 miliardi di euro. La metropolitana di Palermo ha un costo di circa 1,3 miliardi. Il completamento della metropolitana di Catania circa 950 milioni. In tutto si avrebbe un costo per eccesso di 12,8 miliardi.
A 25 milioni al km, si potrebbero completare le reti tranviarie di Bergamo (40 km), Padova (25 km), Venezia (15 km), Firenze (60 km), Napoli (50 km), Cagliari (40 km) e Sassari (12 km). Si potrebbero anche realizzare le rete tranviarie o ferrotranviarie di Genova (25 km), Verona (24 km), Reggio Emilia (14 km), Modena (18 km), Bologna (40 km), Rimini (25 km), Pisa (18 km), Livorno (22 km), Latina (17 km), Foggia (12 km), Bari (30 km), Taranto (11 km) e Catania (27 km). In tutto 490 km circa per 12,2 miliardi.
Metro e tram avrebbero un costo proprio di 25 miliardi di euro al pari del costo effettivo della parte italiana della Torino-Lione.
Questi 25 miliardi spesi in TPL permetterebbero di costruire infrastrutture capaci di assorbire una domanda pari a 14,5 milioni di ppgiorno (179 km di metro per una domanda di 6,4 milioni di ppgiorno e 543 km di tranvie per 8,1 milioni di ppgiorno). Si tratta di un rateo del 35% sul totale degli spostamenti giornalieri rispetto al misero 9% attuale. Questo aumento, solo in termini di ore-lavoro guadagnate dalla riduzione dei tempi di spostamento e dai costi di viaggio risparmiati, varrebbe il 3% del PIL di quelle aree. Un conto per difetto che non considera nessuna esternalità.
Ma le prime 28 aree urbane del Paese producono oltre l’80% del PIL nazionale. Questo significa che si avrebbe, entro i primi 3 anni di servizio, una produttività annuale pari al 2,0% del PIL nazionale: 2 punti percentuale che fanno 37 miliardi di euro prodotti ogni anno. Un guadagno per il Paese e per le famiglie.
Rimettere il moto in Paese significa far ripartire la crescita. I trasporti internazionali – e non – seguono una semplice logica gravitazionale:se l’Italia riparte tornerà ad attrarre flussi di merci e persone ma se non riparte, non servirà a nulla costruire grandi porte d’accesso perché saranno in pochi ad attraversarle.