“Sussistono ragioni molto fondate per ritenere che la crisi finanziaria, partita nel 2007 in modo graduale ed evoluta nel 2008 in un vero e proprio ridimensionamento dell’economia globale, tragga in gran parte la propria origine nell’incapacità di estrarre petrolio greggio in quantità sufficienti, e a costi sufficientemente bassi, tali da sostenere la crescita imposta dall’economia aperta di mercato ormai affermata in tutto il mondo”. Si apre così la lettera inviato l’8 maggio scorso da AspoItalia a tutti i presidenti delle Regioni e Province d’Italia. Ma l'”Associazione per lo Studio del Picco del Petrolio” non è la sola a lanciare il grido di allarme: l’ingegnere Ibahim Nashawi, dell’Università del Kuwait, sostiene addirittura che il picco della produzione è in procinto di essere superato. Come riportato da “Energy&Fuels” e ripreso dal mensile “Le Scienze” – analizzando con un modello matematico l’andamento futuro dell’estrazione di greggio nei 47 maggiori Paesi produttori, Nashawi ha stimato che le riserve di oro nero scendono di oltre il 2% all’anno e che già nel 2014, e non nel 2020-30 – come da molti sostenuto – l’aumento della produzione petrolifera non sarà capace di sostenere la domanda. Oliver Inderwildi, dell’Università di Oxford conferma questi timori su “Energy Policy”: le risorse sono sovrastimate del 20%, per questo è necessario procrastinare la crisi risparmiando energia, sviluppando alternative per l’immediato e, soprattutto, ottimizzando tutti i processi energetici.