– Di Andrea Spinosa –
Light rail prima, e streetcar poi, hanno rappresentato l’epigono d’oltreoceano della Rivoluzione tranviaria francese. E lo sforzo continua: come mostra Yonah Freemark su The Transport Politic, al 2015 gli investimenti in corso risultano di ben 90,6 miliardi di dollari.
Un investimento che dovrebbe aver rivoluzionato le abitudini di un popolo ossessionato dal poter avere un vialetto in cui parcheggiare 3, 4 o più auto. Seppure alcune analisi basate sui dati 2009-2012 mostrassero il contrario, la realtà è un’altra:
In sostanza è aumentata la percezione positiva del trasporto pubblico (non più qualcosa da utilizzare se poveri o comunque impossibilitati all’acquisto di un’auto propria) ma, dopo un periodo di stasi durato 4 anni, sono tornati ad un aumentare gli spostamenti privati. Nel 2015 per la prima volta è stata superata la soglia dei 3,1 miliardi di vetture km anno.
Il problema? Prima di tutto demografico: gli investimenti hanno riguardato per la metà (47%) le grandi metropoli ma queste, in un Paese che da sempre ha favorito la dispersione residenziale sul territorio, assorbono appena il 7% della forza lavoro (e quindi degli spostamenti sistematici).
Così capita che in un quadro a tinte opposto ci sia Chicago che è riuscita ad assorbire l’incremento dei pendolari in dieci anni con l’aumento degli spostamenti sostenibili in trasporto su ferro, bicicletta e spostamenti a piedi. Ha giocato un ruolo non secondario l’errore dei modellisti dei trasporti che uniformemente prevedevano un incremento del trasporto privato tale da portare al collasso della mobilità urbana. Il sospiro di sollievo che ne è scaturito ha potenziato la retroazione negativa dell’aver impostato le politiche della mobilità utilizzando lo spauracchio della congestione.
Cosa è successo? È successo che si sono modificati gli spostamenti: a parità di autovetture circolanti sono aumentati i km percorsi. La campana della distribuzione oraria degli spostamenti si è appiattita al punto da parlare di scomparsa dell’ora di punta.
Il cuore della questione è nel prezzo dell’energia: il petrolio texano a basso prezzo degli anni Settanta è stato sostituito dal gas di scisto. Gas che in questo momento ha raggiunto il prezzo più basso nella storia americana.
Ancora una volta gli Stati Uniti mostrano che la pianificazione territoriale, quella energetica sono il contesto sul quale impostare la politica dei trasporti. Pena generare senza volere pesantissime diseconomie che prima o poi si presenteranno con un conto che potrebbe essere difficile da sopportare: mille miliardi l’anno, pari al 15% del prodotto interno lordo degli Stati Uniti.