Nonostante le nuovi leggi di Francia e Spagna sulla promozione del trasporto pubblico su ferro, l’Italia resta al palo.
– Di Andrea Spinosa –
La ventilata ripresa dovrebbe crescere sulle medesime condizioni infrastrutturali degli anni Novanta anzi, fatte le dovute differenze, in condizioni ben peggiori dato che soprattutto i sistemi locali sono stati falcidiati da decenni di ridotte (per non dire assenti) manutenzioni.
Si dirà che tanto non ci sono i soldi per il TPL. Vero, ma solo in parte.
A dicembre si terrà la XXI Conferenza della Parti, a Parigi, sulle azioni di contrasto (ormai venuto meno) e contenimento del Surriscaldamento climatico.
Vediamo quali sono i fatti.
La presunta (ma tanto ventilata dai media) pausa del surriscaldamento si è rivelata effimera.
C’è una forte discrepanza fra quello che è teoricamente possibile per limitare il riscaldamento globale e quello che è realisticamente possibile. Eppure i fatti sono chiari:
Nel caso del cambiamento climatico, la teoria dice che, applicando rapidamente, continuativamente e massicciamente tutte le tecnologie disponibili per ridurre le emissioni di gas climalteranti, abbiamo ancora buone possibilità di rimanere sotto i 2 °C di riscaldamento. Nel concreto, ci sono molte inerzie, sia di tipo politico – la difficoltà di convincere tutti gli stati del mondo ad effettuare uno sforzo congiunto e l’umanità intera a cambiare radicalmente le proprie abitudini quotidiane – sia tecnico – legate all’inerzia del ricambio tecnologico. La conseguenza è che “a meno di miracoli, l’umanità è in un terribile pasticcio”.
E’ in corso uno dei fenomeni di Niño (anomalo riscaldamento delle acque del Pacifico orientale e raffreddamento del Pacifico occidentale, solitamente noto come warm pool) più intensi di sempre.
Potrebbe rappresentare una soglia: è noto che nei sistemi caotici queste rappresentano transizioni di fase da uno stato di equilibrio (temporaneo) ad un altro (che potrebbe non piacerci rispetto al precedente).
A Parigi la Cina porterà una proposta ambiziosa. Cina che in figura di grande inquinatore ha messo USA (annuncio di Obama di uno svolta verde, ma lo shale gas?) e la UE in condizione di dover rincorrere il gigante del carbone.
Il diesel gate della Volkswagen, considerazioni geopolitiche a parte (nulla avviene a caso, e se in un consesso dove ci si è accordati su una abitudine comuni tutti si alzano e accusano uno solo qualche dubbio è lecito) dimostra una cosa: che la corsa degli EuroX è finita e che la riduzione ulteriore delle emissioni di NOX dai diesel è arrivata ad un valore asintotico. A meno di ridurre la potenza ogni proposta va oltre lo stato attuale della tecnica.
È noto che i PMX sono “facilmente” riducibili ma gli NOX sono la bestia nera del diesel.
Così come la CO e soprattutto gli HC per i motori a benzina. Ora accade che gli NOX sono stati individuati come potenti patogenici in termini di linfopatie e affezioni polmonari.
Energia, ambiente, industria. Chiudiamo il cerchio:
Le azioni di contrasto al cambiamento climatico (aria fritta per qualcuno, per molti se non accade nulla salvo ricordarsene alla prima “bomba d’acqua” o quando girano le zanzare anche in gennaio) hanno un corrispettivo binario in due azioni tangibili:
- riduzione del costo energetico dei trasporti (il settore più energivoro di tutti)
- miglioramento delle condizioni ambientali nelle aree urbane
E siccome viviamo nel secolo delle gigalopoli (erano megalopoli nel secolo scorso) spalmate urbi et orbi ecco che i soldi per il trasporto virtuoso escono fuori.
EU funded urban transport projects underutilised
Ce lo dice l’Europa: qui e qui.
Ma qual é il vero prezzo dei trasporti?
Se lo è chiesto in una interessante pubblicazione il FMI. Ne è nato un dibattito interessante nel quale è intervenuta anche il prof. Marco Ponti su LaVoce.info. Sottostime pesanti, secondo noi.
Queste le cifre per posto-km:
Tema scientificamente controverso: tanto che anche il FMI puntualizza e torna sui suoi passi.
Così è lo stesso FMI a notare che i fossili ricevono sovvenzioni dirette e indirette a copertura di tutti i costi indotti pari a 5 mila miliardi di $. Fatte le debite proporzioni sull’uso procapite (l’Italia consuma 1,5 milioni di barili giorno sugli 87 mondiali, pari al 2% circa) siamo a 85 miliardi di costi totali per la sola Italia ovvero, in rapporto ai 57 milioni di spostamenti giorno di più di 5 km siamo a:
1.567 euro/anno per passeggero km (Media di Trilussa) ovvero
4,9 euro/giorno per passeggero km
Siamo al 520% dei nostri calcoli, dimostratisi quindi (si è convinto anche il prof. Marco Ponti) cautelativi.
Calcoli che davano, ripartendo i costi sui conti Istat e MIT (Conto nazionale trasporti):
0,98 euro/giorno per passeggero km
Spostare 10mila passeggeri nei loro spostamenti pendolari, e solo in quelli, su 10 km di tram comporterebbe un risparmio di 98.000 euro/giorno ovvero 31,360,000 euro/anno (su 320 giorni equivalente di massimo servizio).
Significa che in 10 anni al massimo una linea tranviaria deluxe può ripagarsi completamente.
Ancora a dire che non ci sono soldi?
Siamo talmente indietro sotto questo punto di vista che c’é spazio per fare qualche km di filo o rotaia e ridurre i costi ambientali del trasporto, salvando anche qualche vita, senza far collassare l’industria nazionale dei fossili.
Anche in questo l’Europa ci darebbe una mano. Ad esempio con l’azione Shift to Rail.
E allora, vogliamo farla ripartire questa Buona Italia?
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