L’ambiziosa opera da 6,7 miliardi di euro, condotta da una associazione di ben 12 imprese spagnole si sta rivelando molto più complicata del previsto. Agli ovvi problemi gestionali di un gruppo così eterogeneo di imprese (Talgo, Renfe, Adif, Ineco più 8 soggetti privati, tra i quali Copasa, OHL, Cobra e Indra) si sono aggiunte difficoltà ambientali non indifferenti.
Il barometro ha puntato nettamente sul segnale di tempesta quando è arrivata una comunicazione ufficiale da parte dal Ministero dei trasporti saudita, dai toni duri e sferzanti.
Il nuovo Ministro, Abdullah bin Abdulrahman Al Muqbel, incaricato l’8 dicembre scorso durante la riorganizzazione di tutti i Ministeri del Regno, è un ingegnere dei trasporti. Già sindaco di Riyadh, è stato responsabile del procedimento per la costruzione della nuova rete metropolitana della capitale saudita. Uno che di trasporti se ne intende. Se in genere i Principi sauditi non intervengono mai direttamente nelle questioni tecniche, questa volta è diverso: il Ministro non ha usato mediatori ed ha espresso tutta la sua delusione in maniera diretta.
Al centro della questione, i ritardi nella realizzazione della nuova linea. Tutta l’opera avrebbe dovuto essere inaugurata nel 2016, ma i lavori non sono nemmeno al 40%. Gli spagnoli accusano le eccessive contrattazioni per la cessione dei terreni e la puntigliosità dei revisori progettuali – i tedeschi di DB International e la locale Dar Al-Handasah – con un disfa e rifà progettuale che si protrae da tre anni.
Nella foto in alto, un convoglio Talgo in fase di imbarco a Barcellona verso Jedda.
I lavori sono stati divisi in due fasi: la fase 1 (1,6 miliardi di €) ha riguardato la realizzazione della sede tra Mecca e Gedda. Tra le società incaricate, China Railway Construction Corporation (CRCC), Al Arrab Contracting Company Ltd, Al Suwailem Company e Alstom. Gli spagnoli fanno notare che nel gruppo c’è anche Saudi Binladin Group, che a sua volta è supervisor della fase 2.
Lo stesso Saudi Binladin Group gestisce il servizio su gomma tra Mecca e Gedda, con oltre quindici milioni di passeggeri anno. I ritardi della fase 1 sono ricaduti sulla fase 2: giudice e giudicato coincidono ma soprattutto è lo stesso giudice – che gestisce il servizio antagonista al treno – che ne trae beneficio. Un conflitto di interessi palese, che non ha ancora trovato risposta.
Tecnici a lavoro lungo la nuova sede: si vede il solettone di base e l’invadenza della sabbia
In questo complicato contesto amministrativo ci sono le difficoltà tecnico-ingegneristiche. Nessuno ha mai costruito una linea AV in pieno deserto. In estate l’escursione tra giorno e notte può essere anche di oltre 50°. Parte del tracciato lambisce delle dune alte anche 400 metri: la velocità di avanzamento, in inverno, è di 1,2 metri al mese ma d’estate può arrivare anche a 5 metri!
La proposta progettuale prevede la realizzazione di un muro di contenimento alto 5 metri e preceduto da un fossato profondo 2 metri e largo 5. I tecnici di Ineco hanno redatto questa soluzione per fermare l’avanzata di circa 1.650 kmq di deserto contro 110 km di tracciato ferroviario. Perché le dune lambiscono solo un 5% del tracciato.
Infografica sulla Haramain (per gentile concessione di Elpais.es)
Il problema maggiore è rappresentato invece dalla scarsa qualità dei terreni: il 48% del tracciato poggia su una distesa sabbiosa. I tecnici, imitando il piede dei cammelli e dei dromedari che nell’evoluzione ha assunto una superficie 5 volte più ampio di un normale ungulato, ha proposto la realizzazione di un solettone di cemento alleggerito largo 10 metri. A questa si dovrebbe aggiungere un muro sottovento in modo da evitare che la sabbia investa la via di corsa dalla direzione opposta a quella usuale. Questo può accadere soprattutto in inverno quando le configurazioni bariche tendono a invertire il normale regime dei venti.
Nonostante l’esperienza che gli spagnoli hanno fatto nel Sahara Occidentale per la realizzazione del nastro trasportatore dei fosfati estratti dalla miniera di Bucraa. 100 km nel deserto realizzati negli anni Settanta: allora per fermare la sabbia si preferì “fissarla” spalmandola di cherosene per una fascia di 10 metri per lato.
Una soluzione impraticabile (e ci mancherebbe): è pur vero che nella letteratura tecnica non ci sia nulla circa realizzazioni di questo tipo e per questo la proposta soletta + muro resta niente più che un’idea da provare. Ma il tempo è poco.
Anche se l’opera fosse pronta per il 2016, per gli spagnoli non sarebbe finita. Il consorzio ha vinto anche la gestione della linea per 12 anni. Si parla di 60 milioni di passeggeri anno: ma i giganti di Adif, lo scorso anno hanno movimentato su tutta la rete iberica non più di 29 milioni di passeggeri anno.
Un operaio al lavoro lungo la Haramain l’ha efficacemente paragonata ad un elefante bianco. Nei paesi anglofoni, l’appellativo “white elephant” viene dato a beni di lusso, i cui eccessivi costi di realizzazione e gestione non sono compensati dai benefici che danno o che potrebbero dare nel caso non siano stati realizzati. Un maniero gigantesco e bellissimo il cui possessore non ha i fondi necessari per mantenerlo.
Da un punto di vista commerciale, i beni “white elefant” vengono di solito svenduti, abbandonati o smantellati: speriamo che per gli spagnoli, la Haramain non si riveli così preziosa.