
La elezioni amministrative hanno segnato un’inequivocabile voglia di cambiamento degli italiani: a prescindere dalle valutazioni politiche, è evidente che l’immobilismo degli ultimi dieci anni è destinato a segnare il passo. L’incedere della crisi e la stagnazione economica stanno stringendo il Paese in una morsa che spegne sul nascere ogni iniziativa di slancio: è quindi ora di ripartire e il cambiamento deve iniziare dal basso, dai cittadini e quindi dai Comuni. Il rispetto degli obiettivi fissati dall’U.E. per il 2020 impongono di approcciare alla sostenibilità da una prospettiva più ampia. Se finora ci si è concentrati senza successo sull’abitare da una parte e sulla riduzione delle emissioni dei trasporti dall’altra, è giunto il momento di approcciare il tema della mobilità da una prospettiva congiunta: il trasporto pubblico non è una passività, un servizio a perdere ma una grande opportunità territoriale. Milano, Napoli, Torino, Bologna, Trieste e diversi altri grandi capoluoghi sono in procinto di varare nuove Giunte. Accanto agli auguri di buon lavoro, noi di CR auspichiamo che sia giunto il momento per inquadrare la mobilità non come un processo astratto da risolvere sommariamente col solito PUM – strumento che ha perso ogni valenza di analisi e coinvolgimento sociale – ma da una prospettiva simile ai “Plan de Déplacements Urbains” che in Francia da oltre 15 anni coniugano sapientemente temi prettamente trasportistici con lo sviluppo territoriale e il coinvolgimento dei cittadini. È quella “concertation” che non è semplice negoziazione, consultazione o mediazione ma un processo condiviso di discussione e concezione di istanze progettuali comuni: un processo di inclusione sociale che da sempre manca nel nostro Paese. Che si smetta di disegnare metropolitane in ogni dove senza avviare alcuna analisi delle alternative e senza valutarne né l’effettiva realizzabilità né gli impatti territoriali futuri e, soprattutto, che si smetta di inseguire con i trasporti uno sciagurato quanto anacronistico sviluppo edilizio a macchia d’olio – impossibile da seguire perché fondato sull’automobile – che tuttora perdura. Che si sostenga con i trasporti uno sviluppo territoriale capace di azionare tante piccole molle locali che riaccendano – in un divenire “strategico” dei tanti campanili italiani – i motori dell’impresa Italia.