Chiusi i lavori della 16ma Conferenza delle Parti nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP16) è emerso il ruolo sempre più importante del trasporto pubblico locale come elemento di riduzione dello stress cui è sottoposto il Pianeta in termini di produzione quotidiana di gas climalteranti. Già responsabile del 23% delle emissioni energetiche CO2-relazionate e del 13% delle emissioni di gas climalteranti (fonte IEA 2008), il trasporto è il settore che necessita dei maggiori correttivi se si vuole raggiungere un qualsivoglia obiettivo di riduzione delle emissioni al 2050: basti pensare che tra il 1990 e il 2006 le emissioni di CO2 nel settore dei trasporti sono cresciute del 28% mentre si stima un incremento del 120% (scenario mediano) nel periodo 2000-2050 (ITF/OECD). L’Unione Europea ha fissato degli obiettivi di riduzione i molti settori (principalmente produttivi, legati alla piattaforma EU Emission Trading System) mentre le emissioni legate ai trasporti sono sostanzialmente rimaste libere di crescere. Se si dovessere applicare anche ai trasporti gli obiettivi fissati al sistema produttivo, le emissioni EU-27 di gas climalteranti avrebbero dovuto scendere del 12,6% nel periodo 1990-2006 invece di crescere del 7,7% (scarto +20,3%) secondo le stime dell’Agenzia Europea dell’Ambiente e del Laboratorio di Ricerca dei Trasporti. Con una crescita della popolazione urbana al 70% sul totale nel 2050, la mobilità urbana non potrà non essere oggetto di obiettivi vincolanti. L’impronta media di un cittadino europeo di una città con più di un milione di abitanti è circa di 1,1 t/anno pro-capite: doventa di 2,4 t/anno se il tasso di motorizzazione supera il 55%. Per una città come Roma dove il tasso di motorizzazione supera il 70% siamo a oltre 3,2 t/anno pro-capite! Cancún ha stabilito un framework molto importante, anche se l’assuzione dei meccanismi di vincolo sono rinviati alla prossima Conferenza di Durban 2011. L’accordo raggiunto è un miracolo di diplomazia che riesce a tenere assieme l’obiettivo – bloccare la crescita della temperatura – e gli interessi dei vari Stati. A un prezzo non trascurabile: rinviare la definizione degli impegni vincolanti di taglio delle emissioni Paese per Paese, un traguardo che dovrebbe essere raggiunto il prossimo anno, ultimo momento utile per approvare e ratificare un piano globale a difesa del clima nel periodo successivo al 2012. Sarà nella conferenza del 2011 che i numeri oggi inseriti nel testo finale come quadro di riferimento scientifico (la necessità di un taglio delle emissioni del 25-40 per cento al 2020) dovranno assumere la forma di un impegno cogente. Obiettivi a lungo termine: limite al riscaldamento (1,0 grado – 1,5 gradi – 2,0 gradi) e concentrazione di 350 parti per milioni (oggi siamo a 394 ppm circa). Se venisse inserito, darebbe il via anche a procedure non solo di taglio delle emissioni, ma anche di cattura e stoccaggio di CO2; – Picco CO2 al 2015: andrebbe inserita la frase ’’il prima possibile’’ perche’ le previsioni per il 2015 parlano addirittura di quasi 450 parti per milione; Risorse: si conferma il fondo da 30 miliardi di dollari entro il 2012 come deciso a Copenaghen ma, entro il 2020 il fondo da 100 miliardi di dollari l’anno non ha ancora fonti certe (si usa il termine ’’mobilitazione’’). Si parla anche di un nuovo fondo finanziato con l’1,5% del Pil dei paesi industrializzati a partire da un certo anno. Protocollo di Kyoto: Estensione del Trattato internazionale salva-clima: si tratta di decidere se continuare il protocollo di Kyoto, come caldeggiato dai paesi in via di sviluppo, che si sta rivelando una delle questioni più difficili. La prima serie di obiettivi scade nel 2012. Nell’immagine in alto “Global Warming Mapped” dell’Earth Observatory della Nasa che trovate costantemente aggiornato qui