– Di Andrea Spinosa –
Se per gran parte del secolo scorso la specificità delle vetture tranviarie poteva essere giustificata dalle differenti caratteristiche delle varie reti o da un processo di fabbricazione praticamente artigianale, oggi essa non può dipendere che da un’esplicita volontà della comunità urbana. Anche oggi infatti, con solo cinque produttori principali attivi sul mercato mondiale e logiche di serialità industriale, ogni città continua a chiedere il proprio tram: non si tratta solamente di varianti di colore, configurazione interna o dotazione, come avviene ad esempio per gli autobus, ma di una vera e propria personalizzazione.
L’amministrazione di Mulhouse, città dell’Alsazia meridionale che ha da poco concluso la realizzazione di due linee urbane ed una innovativa linea di tram-treno extraurbano, ha interpellato i suoi cittadini in merito a forma, livrea ed interni dei nuovi veicoli, ricevendo più di 16.000 risposte. Nei limiti di quanto permesso dal sistema delle piattaforme di prodotto, ogni gestore chiede veicoli unici, ancor più nel caso in cui essi siano i primi ad attraversare le vie cittadine.
Nulla di simile accade per autobus e filobus, mentre ancora diversa è la situazione riguardo a treni e sistemi innovativi. Trovare la radice del fascino che i veicoli su rotaia da sempre esercitano sugli osservatori sarebbe molto complesso: forse la loro natura di macchine pure, figlie del mito ottocentesco, forse i loro cinematismi misteriosi, la precisione e la potenza incarnati dalla corsa sui binari oppure il mito e la poesia in cui la letteratura li ha immersi attraverso i secoli. In ogni caso da sempre questi mezzi godono di uno status particolare: nutrono schiere di appassionati, assumono valore di monumento storico, vengono percettivamente posti al di sopra degli altri mezzi collettivi.
La dimensione strettamente cittadina del tram ne fa un oggetto domestico, protagonista di un rapporto intimo, di carattere estetico ed affettivo, con la città ed i suoi abitanti: il tram si lega all’immagine della civitas, è patrimonio storico e come tale gode di uno status privilegiato.
Questo anelito al mezzo su ferro ha spinto la Tramway Reinassance in una seconda fase. Se la prima stagione è stata caratterizzata dalla reintroduzione dei servizi ferrotranviari nelle città medio-grandi (oltre i 500.000 ab. nell’area urbana) dal Duemila si assiste a realizzazioni di successo non solo in città medie (250-500.000 ab.) ma anche in piccole città (meno di 250.000 ab.).
Si guardi i dati caratteristici di reti in medie città francesi.
In letteratura le analisi economico-finanziarie individuano in 1.000 passeggeri in ora di punta per senso di marcia il dato soglia per la sostenibilità di un sistema tranviario. Assumendo un peso dell’ora di punta pari al 10% del carico totale giornaliero Per avere almeno 1.000 passeggeri per direzione in ora di punta per direzione, si dovrebbero avere almeno
Che, assumendo un valore di produttività minima di 10,7 passeggeri al km ogni 1.000 abitanti e supponendo la costruzione di una linea di 10 km sono “producibili” da un’area urbana di almeno:
Besançon
Questo è perfettamente valido nel caso francese dove sono in costruzioni reti tranviarie in città minori: esempio lampante è Besançon, capoluogo della Franche-Comté, con un’area urbana di appena 171.000 residenti. Qui con una accurata gestione del progetto e di tutto l’iter realizzativo l’Amministrazione è riuscita a realizzare una nuova tranvia da 14,5 km per 15,1 milioni di euro al km. Nessun elemento progettuale innovativo, quello di Besançon è una realizzazione ridotta ai minimi termini eppure di elevatissima qualità progettuale e realizzativa. Prima di tutto il veicolo: un concept per un tram che fosse il più piccolo possibile in relazione alla domanda trasportistica (40.000 passeggeri al giorno).
24 metri di lunghezza e 2,40 di larghezza e una gara gestita senza lasciare nessun aspetto al caso. Risultato, il tram più economico sino ad allora acquistato in Europa: 1,7 milioni a veicolo forniti dalla spagnola CAF (Besançon è anche la prima città francese a non aggiudicare la fornitura ad Alstom). Eliminate tutte le finiture e le opere urbanistiche di Parigi (costo medio per un tram 37 M€/km) e Bordeaux (44 M€/km) le opere civili sono ridotte alla via di corsa .
Il tram Urbos 3 della Caf in servizio sulla linea 2 è attualmente il più economico acquisto in Europa: 1,7 milioni a vettura. È lungo 24 metri, largo 2,4 metri, 2 porte doppie e 2 singole su ogni lato e può trasportare 132 passeggeri di cui 32 seduti più 2 posti per disabili/carrozzine/biciclette.
Besançon: via di corsa simil-ferroviaria su suolo inerbito senza ballast.
Valenciennes
Il 24 febbraio 2015, a Valenciennes, nel profondo nordest francese, è stata inaugurata la seconda linea tranviaria. Questa volta si tratta di una estensione periurbana di una linea già esistente: altro progetto a basso costo, ma questa volta con delle caratteristiche molto particolari. Valenciennes sorge al centro del bacino carbonifero dell’Hainut, una regione transfrontaliera che si estende tra Francia (oltre a Valenciennes, capoluogo, Maubege) e Belgio (Mons). È un comune di 43.471 ab. cuore di una agglomerazione di 399.677 ab. (597 kmq di cui 27 in parte belga; 670 ab/kmq).
Nell’ambito di un vasto progetto di riqualificazione urbana iniziato negli anni Novanta, ha trovato posto la realizzazione di una prima linea tranviaria dall’Università all’Espace Villars nel popoloso comune di Deniers.
La linea 1 è una ordinaria tranvia a doppio binario secondo l’ormai consueto “modello francese”, particolarmente attento all’inserimento urbanistico e al raccordo progettuale dell’infrastruttura con il contesto. 18,3 km di tracciato con 28 fermate.
Un bacino di 41.900 spostamenti giornalieri : il carico al 2013 è stato di 29.700 passeggeri/giorno. 242,7 milioni di euro di investimento, di cui: 118,2 per la via di corsa; 35,3 per le finiture stradali; 11,6 per il nuovo deposito di Saint-Waast; 26,7 per opere civili; 50,8 per il parco rotabile costituito da 21 Citadis 302 (33 m di lunghezza per 2,40 di larghezza; 295 posti; 2,42 milioni l’uno).
Il costo della sola via di corsa della linea 1 è stato di 8.394 €/m ovvero 4.197 € per m di binario.
La linea 2 si presenta come una antenna di diramazione della 1, in un contesto metropolitano-perirubano. Si dirama presso Pont Jacob dalla linea 1, per dirigersi verso Nord sino alla frontiera belga. Le fermate sono 36, di cui 15 in comune con la stessa linea 1. Il parco rotabile è costituito da 8 vetture Alstom Citadis 302 che si aggiungono ai 21 già in servizio sulla linea 1. Il deposito è lo stesso per entrambe le linee, realizzato nel 2002 presso Saint-Waast (70.000 m2). Il progetto prevedeva la continuazione ulteriore della linea, da Vieux-Condé alla stazione di Blanc-Misseron a Crespin presso la frontiera belga: l’Amministrazione della Communauté d’agglomération de Valenciennes Métropole ha deciso di ridurre la spesa, sostituendo questa tratta con una busvia. La domanda sul corridoio è di 31.000 spostamenti al giorno (feriale).
Si opta per una soluzione innovativa, nel campo delle nuove tranvie: realizzare una linea a binario unico e senso alternato con raddoppi in fermata. La sede è protetta da cordoli per segnalare alle auto in transito nelle corsie adiacenti il doppio senso dell’esercizio tranviario. Nei tratti banalizzati (a doppio senso) la velocità massima è limitata a 30 km/h: questo alza i tempi di percorrenza da 37’ a 50’.
La capacità di servizio è di un passaggio (alternato) ogni 7’ ovvero 15’ sullo stesso senso: si opta per un esercizio meno frequente, a 20’. I posti giorno, offerti sono 14.160 per senso di marcia (servizio dalle 6:00 alle 22:00) ovvero 29.000 posti totali (il 93% della domanda).
Ogni due fermate è previsto un raddoppio secondo lo schema sottostante.
Pur adottando una circolazione sicura, in quanto meno frequente rispetto alle potenzialità massime, la sicurezza è garantita da un segnalamento di tipo ferroviario. Ai semafori a doppio aspetto – via libera/via impedita – si affianca un sistema di arresto del veicolo qualora l’autista proceda comunque occupando una tratta tra due raddoppi che non sia stata ancora liberata dal veicolo di senso contrario.
Come detto la linea 2 si sviluppa per 15.5 km con 37 fermate. Il costo è stato di 161.2 milioni di euro di cui: 74,0 per la via di corsa; 15,0 per le finiture stradali; 18,8 per il nuovo ponte de la Bleuse-Borne (con demolizione del precedente); 32,0 per opere complementari; 21,8 per l’acquisto di 9 veicoli.
Il costo della sola via di corsa della linea 2 è stato di 4.774 €/m ovvero 3.178 € per m di binario (-11% rispetto alla linea 1).
La differenza è dovuta all’aver adottato una piattaforma “a spessore” (in francese “pose en voie jaquette”) in luogo del classico armamento su soletta in calcestruzzo. Le rotaie sono fornite in opere inglobate in una trave di sostegno in calcestruzzo e vengono posate su un fondo in terra stabilizzata a calce. L’allineamento della rotaia destra con la sinistra è fatto in sede di posa in opera con delle dime di riferimento: volendo possono essere previsti dei cordoli di collegamento ogni 15/20 m, non previsti a Valenciennes. L’adozione di uno scavo ridotto e di un esercizio “smart” a senso unico alternato rappresenta un tentativo di rendere finanziariamente più appetibili sia la realizzazione che l’esercizio tranviario nelle zone periurbane. Senza dubbio si tratta di una sfida che si traduce nell’obiettivo di portare l’indice medio di riempimento delle vetture al di sopra del 70% dei posti offerti.
Il pacchetto della via di corsa presenta ancora dei margini per essere ridotto: mentre a Valenciennes sono state adottate le ordinarie rotaie a gola con anima alta (il classico profilo “Phoenix”), adottando un profilo compatto (le block-rail, mutate dai carri-ponte utilizzati per il carico dei container) si potrebbe ridurre ulteriormente lo scavo al di sotto della soglia psicologica dei 50 cm.
Sia per la soluzione “Valenciennes” che ridotta con block-rail i tempi di realizzazione della via di corsa si riducono del 30% rispetto alla posa tradizionale. È fuori di dubbio che la soluzione sia di estremo interesse per l’introduzione di un trasporto tranviario altamente produttivo sia in medie città – ovvero in quei corridoi con un carico giornaliero di 20-40.000 passeggeri – sia, soprattutto, per i vasti territori periurbani e metropolitani delle tante città italiane de-facto.
In Italia la motorizzazione elevata – unitamente alla perdurante accessibilità dei costi dei carburanti – ha contribuito a dilatare oltremodo le aree urbane, creando delle distorsioni territoriali, ovvero rendendo luoghi “lontani” apparentemente “vicini”. Questo fenomeno è all’origine dello sprawl urbano, fenomeno che ha raggiunto livelli tali da far crescere borghi e comuni in città che solo la divisione amministrativa si ostina a non riconoscere.
All’isotropia territoriale corrisponde però una pianificazione del trasporto centrato sulle aree urbane centrali. Ma la città non esiste più come mero luogo fisico costruito: è smaterializzata in una “cloud” di flussi di persone, merci, informazioni. Il circolo vizioso è tutto qui: l’automobile ha permesso l’urbanizzazione diffusa del territorio, il trasporto di massa non permette l’utilizzo diffuso delle città.
L’incentivazione della mobilità privata è stato determinata dall’aver trascurato (o celato) le esternalità, ma è nella loro somma che si cela grande il debito italiano: se i processi vengono ottimizzati – dai flussi pendolari al trasporto delle merci – la città diventa il luogo della sostenibilità.
Le città possono riorganizzarsi e favorire l’accumulo di surplus con cui si può saldare il debito. Anche con soluzioni “smart” come quelle adottate a Besançon e Valenciennes.