Martedì 8 maggio 2018 è stato proclamato il vincitore del concorso internazionale “Sistema Tram Palermo”. Il concorso si è svolto in due fasi: alla prima, quella del concorso di idee, sono pervenute 9 proposte, ma 5 di queste sono state scartate perché contravvenenti al criterio dell’anonimato. Trattandosi di una consegna telematica, da quello che si è appreso nei giorni seguenti, la commissione ha riscontrato tracce nominali nelle proprietà dei file. Una decisione che comunque ha destato non poche perplessità vedendo esclusi tutti i grandi gruppi nazionali di ingegneria e tecnica dei trasporti e lasciando in gara, senza nulla togliere al merito, studi di progettazione di dimensioni minori.
La prima fase lasciava libertà espressiva, mentre la seconda ha visto i gruppi lavorare su una proposta planimetrica ben definita:
TRATTA A: prolungamento della Linea 1 esistente (12 km) dalla Stazione Centrale allo Stadio. Percorso: via Balsamo, piazza Giulio Cesare, via Roma, all’incrocio con via Cavour c’è una biforcazione: un solo binario prosegue dritto verso piazza Sturzo, via Marchese di Villabianca, via Marchese di Roccaforte, Piazza Leoni, viale del Fante, via Alcide De Gasperi, viale Croce Rossa, via Libertà (sempre un binario) fino al Politeama, dritto per via Ruggiero Settimo, svolta a sinistra su via Cavour e ricongiungimento con la biforcazione su via Roma, Piazza Giulio Cesare, via Balsamo.
TRATTA B: prolungamento della Linea 1 esistente (1,3 km), dalla Stazione Notarbartolo a via Duca della Verdura. Percorso: Stazione Notarbartolo, via Notarbartolo sino a Via Duca della Verdura (angolo Via Libertà).
TRATTA C: prolungamento della Linea 4 esistente (9 km) dal Ponte Calatafimi alla Stazione Centrale. Percorso: Ponte Calatafimi, viale Regione Siciliana, via Ernesto Basile, Stazione Orleans, Corso Tukory, Piazza Giulio Cesare, via Balsamo.
TRATTA D: Orleans-Bonagia (9,4 km). Percorso: Orleans, via Lodato, via Parlavecchio, attraversamento fiume Oreto, via Villagrazia; via San Filippo, via Carlo Perrier, via del Levriere (unico binario), via dell’Antilope (unico binario), via dell’Ermellino (unico binario).
TRATTA E: Stadio-Zen-Mondello. Percorso: viale Croce Rossa, viale Strasburgo, via Lanza di Scalea, via Einaudi, via Patti, via Senocrate da Agrigento, via Sandro Pertini, viale dell’Olimpo, piazza Castelforte, viale Venere (unico binario), via Margherita di Savoia (unico binario), via Regina Elena (unico binario), via Mondello (unico binario), via Palinuro (unico binario), via Ascanio (unico binario), viale Galatea (unico binario), via Mattei (prolungamento, unico binario), piazza Castelforte, viale dell’Olimpo.
TRATTA F: Stazione Centrale-Duca della verdura (9,4 km). Percorso: via Balsamo, via Lincoln, Foro Umberto I, via Francesco Crispi, via Duca della Verdura.
TRATTA G: Lanza di Scalea-Sferracavallo (5,5 km). Percorso: via Lanza di Scalea, via Nicoletti, via Sferracavallo, via del Cedro, via Palazzotto.
Le prime 3 linee, (A-B-C), (Stazione Centrale-Stadio; Notarbartolo-Duca della Verdura; Ponte Calatafimi-Orleans-Centrale) sono interamente finanziate dal “Patto per Palermo” (198 milioni di euro) ed entreranno in esercizio entro il 2022.
Per le altre linee il Sindaco, nella conferenza stampa del 6 aprile, ha detto che i tempi saranno più lunghi anche se non è escluso che si tenterà la partecipazione all’attuale procedura di gara aperta per l’assegnazione di finanziamenti per il trasporto pubblico di massa.
A questo punto vogliamo approfondire i numeri del tram palermitano per fugare alcune perplessità riguardo il progetto di metropolitana (noto come MAL, metropolitana leggera automatica) che sembra definitivamente accantonato dal nuovo piano tramviario piuttosto che dalla scelta contenuta nel bando di gara, di eliminare in toto la linea aerea di contatto (lac) dalle nuove estensioni.
Prima di tutto la dimensione urbana della città di Palermo: 22 comuni per una superficie di 734 kmq e una popolazione stimata al 2020 di 1.043.519 abitanti che ne fanno la quinta metropoli italiana. Il comune di Palermo, che al 1/11/2018 ospitava 668.630 residenti, conta una popolazione feriale di 983.550 abitanti: la città genera 1.628.232 spostamenti giornalieri. Di questi, purtroppo, appena il 9,3% si svolgono con il mezzo pubblico.
Andiamo a vedere quale sarebbe la domanda potenziale del sistema tramviario palermitano considerando pienamente operativo anche il passante ferroviario (linea A) e l’anello del Porto (linea B). Gli scenari sono il sistema attuale, lo scenario di medio periodo (tratte finanziate) e quello completo di lungo periodo.
Ammettiamo una serie di interventi migliorativi tesi a incentivare il trasporto pubblico:
- Ridisegno completo della rete di superficie come adduzione/integrazione del tram;
- Aumento del costo di accesso alla ZTL;
- Realizzazione di interventi migliorativi per l’accessibilità alle fermate (parcheggi di scambio, connessioni ciclopedonali).
Per la stima della domanda abbiamo utilizzato le matrici Istat aggiornate al 1/1/2018, un modellatore di spostamenti (ITETripGen) e considerato un costo percepito dall’utente del tempo di viaggio sul mezzo pubblico pari a 5 volte quello trascorso sul proprio (comodo) mezzo privato.
Si vede che la domanda complessiva generata dal tram è molto interessante:
- scenario attuale: 47.820 passeggeri per giorno feriale (rateo modale al 3% degli spostamenti totali);
- scenario di medio periodo: 227.135 passeggeri per giorno feriale (14%);
- scenario di lungo periodo: 484.105 passeggeri per giorno feriale (30%).
>Qui per scaricare le mappe ad alta definizione<
Un’operazione imponente dal punto di vista delle risorse richieste ma finanziariamente conveniente, con questi numeri di domanda potenziale. Si pensi solo alla variazione dei costi urbani a seguito della realizzazione del “Sistema Tram”. Per fare questo sono stati presi in considerazione le seguenti voci, sulla base dei valori esposti nel bilancio comunale del 2015:
- Spesa polizia municipale: 48,6 M€ di cui 20,9 legata in maniera diretta o indiretto allo svolgimento dei turni in strada, pari a 54,3 € ogni 1.000 spostamenti giornalieri su mezzo privato registrati nell’area urbana palermitana;
- Sanzioni amministrative per violazione del Codice della Strada: 59,5 M€ pari a 154,6 € per 1.000 spostamenti sul mezzo privato;
- Introiti da tariffe ZTL: 330.000 € pari a circa 7 € per 1.000 accessi/anno;
- Costo esercizio TPL: 133,7 M€ per 29,3 M di vetture km su gomma e 516 mila su ferro.
In via cautelativa, il modello assume un incremento del costo annuale del pass dei non residenti per la ZTL da 90 a 200 euro, nel piano stralcio e 500 euro nel lungo periodo, affinché possa verificarsi un virtuoso effetto incentivante dell’uso del mezzo pubblico. Il bilancio complessivo rispetto allo scenario attuale porterebbe a:
- Variazione spesa polizia municipale: -6,9 M€, -14%;
- Mancati introiti da sanzioni amministrative per violazione del Codice della Strada: -15,1 M€, -25%;
- Mancati introiti da accessi alla ZTL: -466.035, -141%;
- Variazioni di introiti dalla vendita di titoli di viaggio TPL: +22,5 M€, +99%;
- Variazione del costo di esercizio della rete su gomma: -53,4 M€, -42%;
- Variazione del costo di esercizio rete tranviaria: 60,2 M€, +933%.
Le voci più significative in questo bilancio sono quelle relative al trasferimento di vetture km del trasporto pubblico su gomma a vetture km tramviarie.
Complessivamente si crea un risparmio di cassa pari 38 milioni di euro/anno.
Bene, ma questa domanda posti è gestibile con un sistema tramviario?
Ammettendo l’uso di vetture da 30-35 metri, da 250-280 posti ci potrebbero essere delle difficoltà nel garantire una offerta adeguata. Come si vede dal seguente bilanciamento l’asse Stazione Centrale – Centro – via della Croce Rossa necessiterebbe di un cadenzamento inferiore ai 2’ per senso di marcia con una domanda di 150-200.000 passeggeri per giorno feriale.
In sintesi, sì, la domanda su quell’asse giustifica la realizzazione di una metropolitana perché per capacità e velocità commerciali sarebbe la scelta più adeguata.
> Qui per scaricare le mappe ad alta definizione <
Per quanto riguarda la scelta di eliminare completamente la linea aerea di contatto (lac) ci sono tre ordini di problemi:
- Tenere sotto controllo la maggiore complessità che si impone al sistema di alimentazione;
- Legarsi in modo più o meno diretto a sistemi proprietari, precludendo di poter usufruire dei ribassi della concorrenza sull’acquisto di pezzi di ricambio;
- Considerare il maggior consumo di energia e di materie prime necessarie.
Se i sistemi alternativi alla lac sono usati con molta parsimonia all’estero – e nei Paesi dell’Europa centrale e settentrionale, sempre rigettati dalle analisi tecniche – ci sarà un motivo che va oltre l’essere affezionati alle consuetudini.
Il confronto prestazionale tra le varie alternative disponibili sul mercato dimostra che, prima di rinunciare alla rete aerea – un oggetto ampiamente provato e noto – optando per uno prodotto innovativo, di uno specifico produttore è opportuno eseguire un’attenta analisi costi/benefici sull’intero ciclo di vita dell’opera.
Per quanto riguarda la progettazione di sistemi con lac tradizionale val la pena spendere qualche parola. Il progetto di un moderno sistema tranviario si basa su concetti antichi, affrontati in un’ottica totalmente nuova. Non si tratta di progettare semplicemente una nuova linea di trasporto pubblico, ma di elaborare un progetto di trasporto urbano, che permetta a sua volta di ripensare interi brani di città.
Nonostante filobus e tram siano sistemi di trasporto elettrici quindi senza emissioni nocive in loco e con un livello acustico nettamente inferiore a quello dei veicoli a trazione termica, possono generare delle reazioni avverse – più o meno giustificabili – principalmente legate all’invasività della rete di alimentazione aerea. Risulta pertanto fondamentale che la progettazione sia condotta seguendo le peculiarità della trazione filoviaria o tranviaria: troppo spesso la pesantezza delle realizzazioni deriva dall’aver applicato norme e consuetudini proprie di altri sistemi (in genere desunte dalla ferrovia).
È il caso della progettazione dell’attestamento tramviario di piazza dell’Unità a Firenze, del quale ci occuperemo in un prossimo articolo.
Si comincia dai pali di sostegno: la sezione cilindrica rastremata è prodotta con uno spessore di 12 mm. Un diametro Ø219 ha una resistenza in testa superiore a quella di una sezione poligonale Ø350: un palo con una radice più spessa del 40% e magari di colore nero ha un impatto nettamente diverso di un palo più snello e magari di colore chiaro.
Materiali moderni possono aprire prospettive progettuali impensabili fino a qualche anno fa. Le nuove mensole in fibra di vetro, ad esempio, essendo naturalmente isolate non necessitano di un isolatore all’attacco con il palo. E sono sufficientemente resistenti da sostenere la lac di entrambe le corsie di marcia mantenendo un palo su un solo lato.
L’ultimo appunto riguarda un quesito troppo spesso dato per scontato: acciaio o fibra sintetica? Per le imprese installatici la risposta è scontata: la fibra sintetica costa meno ed è di veloce montaggio mentre l’acciaio necessita di tempi più lunghi e maestranze specializzate. Ma l’acciaio ha una maggiore resistenza specifica ed una vita media più lunga: a fronte di un risparmio economico di circa il 40%, l’acciaio ha una durata di 30 anni contro un massimo di 15 anni della fibra sintetica che presenta un costante decadimento delle caratteristiche prestazionali. La fibra sintetica tende infatti a rilassarsi piuttosto velocemente con l’insorgenza di microlesioni. Nonostante la fibra sintetica non necessiti di isolatori in giornate umide le microlesioni possono raccogliere particelle d’acqua con conseguente circolazione di microcorrenti.
La resistenza è il fattore più importante da tenere in considerazione nella valutazione: un filo d’acciaio da 8 mm ha lo stesso carico di rottura di uno sintetico da 13 mm. Può sembrare poca cosa ma il 60% di spessore in più ed una colorazione nera lo renderanno certamente più impattante in termini percettivi.
Dai documenti diffusi sembra che l’Amministrazione si stia orientando verso un uso diffuso di tram a batterie. Vale la pena fare un’ultima digressione sull’uso di questa tecnologia.
Negli Stati Uniti, dove l’immagazzinamento energetico in pacchi batteria formato quartiere, si sta diffondendo parecchio si riflette sul fatto che l’uso non sempre efficace di una tecnologia efficiente abbassa il rendimento generale del sistema causando un aumento delle emissioni climalteranti.Parliamo di ambiente ma anche di energia: la
CO2 è, al momento, l’unico metro di misura dell’entropia del sistema. Se abbasso l’efficienza generale aumento il rilascio specifico di CO2 e quindi l’entropia causando un surriscaldamento atmosferico. Ma questa entropia non è che effetto joule quindi c’è anche una diseconomia.
Perché accade ciò?
Per due motivi.
- Le batterie immagazzinano prevalentemente l’energia notturna che negli Usa – come da noi – di notte è quasi sempre quella prodotta dal carbone (anche a ciclo migliorato). Di giorno la rilasciano mettendo il kWh del carbone in competizione – ad esempio – con il kWh del turbogas (ciclo più efficace del carbone): se ne ricava che abbasserò l’efficienza generale del sistema aumentando – apparentemente – l’appetibilità ambientale del carbone.
- L’efficienza di immagazzinamento e rilascio oscilla tra l’80% e il 40%: mettiamoci nel migliore dei casi, per riottenere 1, dobbiamo immagazzinare 1,2.
Occhio a non fare confusione tra la riduzione del prezzo delle batterie e l’aumento dell’efficienza di immagazzinamento che, stante riscrivere la Termodinamica, ha un asintoto e ci siamo vicini. Quindi l’80% di efficienza è già il migliore dei mondi possibili per lo storage.
Il primo fattore verrà meno con l’incidere delle rinnovabili che comunque hanno un basso (ma non nullo) impatto ambientale – e quindi economico. Ma resterà il limite di efficienza del passare per più cicli di carica/scarica ovvero l’incidenza di processo sul rendimento generale.
E non stiamo parlando di energia grigia cioè di tutto quello che serve per far sì che una batteria prenda ad esistere sul banco della ferramenta o nel magazzino del rivenditore on-line: a parità di fabbisogno energetico per il funzionamento di un apparato, facciamo 100, il sistema di alimentazione continua ha un costo di 140-160, quello discontinuo con batterie agli ioni di litio circa 220-250. Anche in questo caso l’aumento dell’efficienza energetica delle batterie si scontra con l’uso di terre rare. E più le terre sono rare più costa l’acquisto e più è alto il prezzo ambientale dello smaltimento, perché una terra rara è anche inquinante e spesso in maniera pesante (un elemento “raro” è meno noto agli organismi naturali e umani e quindi risulta sovente tossico quando non cancerogeno).
Tornando al nostro piccolo delle batterie nel trasporto: se lo storage è il futuro dello spostamento privato – piccole masse che vanno ovunque – per gli spostamenti concentrati e quindi di massa le batterie non necessariamente garantiranno l’efficacia dell’impiego andando a sostituire l’alimentazione continua. Insomma, probabilmente perderemo la linea di contatto ma per innovative terze rotaie e barre rigide per tram e metropolitane automatiche piuttosto che per grandi veicoli alimentati a batterie.
Un progetto infrastrutturale non è un esercizio di stile a sé stante ma un meccanismo delicato in un ingranaggio complesso quale è la città. Estetica, coerenza urbanistica, tecnica, gestione economica-finanziaria sono aspetti di pari rilevanza per una infrastruttura. A prescindere dall’efficienza della tecnologia scelta, un progetto sarà tanto più efficace – e smart – quanto più tali aspetti collaboreranno in maniera bilanciata ad elevare la salute pubblica e la tutela ambientale.